Il generale che difende i lupi sull'Altopiano di Asiago

Martedì 22 Ottobre 2019
Il generale che difende i lupi sull'Altopiano di Asiago
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Daniele Zovi, di Roana sull'Altopiano di Asiago, da comandante della Guardia forestale ha passato una vita a tutelare i boschi e i loro abitanti. Ora continua la battaglia con i suoi libri dove affronta in modo scientifico l'arrivo a Nordest di specie estinte E lancia un allarme: «Ma quale orso o lupo, l'animale più pericoloso per l'uomo è il cinghiale. È di gran lunga il più aggressivo».

LA STORIA
«Ma quale orso o lupo, l'animale più pericoloso per l'uomo che c'è in Italia è il cinghiale. È di gran lunga il più aggressivo». Una sentenza che non ammette appello. Il generale Daniele Zovi, quando parla, lo fa dall'alto di un'esperienza pluridecennale di comandante della Guardia forestale. Ha passato una vita a difendere i boschi con tutto ciò che fa parte dell'ecosistema silvestre, animali selvatici compresi. «I numeri parlano chiaro: in Italia gli orsi sono poche decine, i lupi poche centinaia. I cinghiali invece sono 2 milioni. Ma la pericolosità non viene solo dalle  proporzioni numeriche. Il cinghiale attacca l'uomo, il lupo e l'orso lo evitano». Zovi non è un integralista, lui ragiona con criteri scientifici, misurati sul campo. Nato a Roana, sull'Altopiano di Asiago, amico fraterno di Gianni Rigoni Stern, il figlio di Mario, ha avuto i boschi come scuola di vita. «Da ragazzo, durante l'estate, facevo il boscaiolo, mi sentivo attratto dalla natura. Mio padre voleva che studiassi medicina, come mio fratello, io ho preferito laurearmi in Scienze Forestali». Subito dopo ha vinto il concorso per entrare nella Guardia Forestale e dopo due anni era già capo del distretto dell'Altopiano. Giocava in casa, doveva tutelare le terre della sua gente. «Ma in realtà chiarisce Zovi - le competenze andavano ben oltre l'Altopiano, dall'Astico al Brenta. Comunque posso dire di essere stato fortunato». Ma non basta la fortuna per diventare comandante interregionale del corpo forestale di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino, con il grado di generale di brigata dei carabinieri. Ora, in pensione da un paio d'anni, Zovi continua a difendere la natura con altre armi. Scrive libri e gira l'Italia tenendo conferenze.
LA GRANDE DIFESAIn materia di boschi e animali selvatici è un'autorità. «Scrivere mi è sempre piaciuto - racconta - quando ero in servizio lo facevo soprattutto per riviste scientifiche e di settore. Poi ho provato ad allargarmi. Ho fatto leggere i miei testi a Gianni (sempre Rigoni Stern, ndr) e ho avuto la sua approvazione. Allora sono andato in cerca di un editore». E il successo è arrivato con Lupi e uomini, il grande predatore è tornato. «Ho voluto sfatare tutte le dicerie che ci sono su questo animale. Nei secoli è sempre stato perseguitato. Come simbolo del male. Pensiamo alla Chiesa che lo identificava con il diavolo, mentre i fedeli rappresentavano il gregge e i preti i pastori. Nell'immaginario era il nemico numero uno dell'uomo. È stato oggetto di una caccia spietata. Fino a pochi anni fa ne sopravvivevano poche decine tra Abruzzo e Calabria. Poi è diventato un animale protetto ed ha potuto estendere i suoi territori. Ora è presente un po' ovunque sull'arco Alpino, ma anche in Puglia e nelle regioni del sud». Per Zovi la convivenza è possibile, anzi il lupo ha una funzione equilibratrice.
«Chiariamo subito: per l'uomo non costituisce una minaccia. Negli ultimi 150 anni in Europa non è stato registrato un solo caso di aggressione da parte di un lupo. Non si può dire altrettanto del cane, il migliore amico dell'uomo». Nel suo ultimo libro L'Italia selvatica edito da Utet, racconta del ritorno nei nostri boschi di animali che erano quasi estinti. Non solo lupi e orsi, ma anche linci, gatti selvatici, lontre, sciacalli e persino un castoro. «Molte cose stanno cambiando. Intanto i boschi continuano a crescere, in un secolo sono raddoppiati, ora occupano il 38% del territorio italiano. Poi si è modificato il sentimento comune nei confronti del selvatici. E sono cambiate le leggi. Fino agli anni Settanta molti animali erano catalogati come nocivi e potevano essere uccisi impunemente. Anzi si invitava a sterminarli. Ed infatti si erano quasi estinti. Ora sono protetti e stanno tornando. E questo è un bene per la natura. E per l'uomo, che fa parte della natura, anche se spesso lo dimentica». 
ROVESCIO DELLA MEDAGLIACome sempre, c'è un rovescio della medaglia. La convivenza non è facile: si lamentano i malgari, gli allevatori e i contadini che devono respingere gli attacchi predatori, cominciano ad avere paura anche gli umani. Anche su questo punto il generale ha le idee chiarissime: «È innegabile che ci siano problemi, ma ci sono anche sistemi per proteggere gli allevamenti. In Veneto la Regione si è mossa in ritardo, ma ora sta recuperando con aiuti concreti. Sono animali che possono procurare dei danni, anche perché non eravamo più abituati a difenderci da loro. Ma è sbagliato pensare che i problemi si debbano risolvere a colpi di fucile». Nemmeno l'uomo deve avere paura, solo stare accorto. «Ci sono regole elementari: mai avvicinarsi ai cuccioli di qualsiasi animale, perché la mamma, e a volte anche il padre, attaccano per difendere la prole. Altra regola, spesso dimenticata: mai lasciare i cani liberi dal guinzaglio in bosco. Per istinto vanno in cerca di altri animali e potrebbero disturbare i cuccioli e di conseguenza venire attaccati. In tutti gli altri casi di incontro ravvicinato saranno i lupi e gli orsi ad allontanarsi per primi. Ma è un evento rarissimo: i carnivori, per esperienza millenaria, sanno che avvicinarsi all'uomo può essere molto rischioso».
Ultimo aggiornamento: 23 Ottobre, 13:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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