Crolla la Torre Venezia sul Civetta: polverizzata la via Tissi

Mercoledì 6 Maggio 2020 di Daniela De Donà
Il Civetta dopo il crollo della Torre Venezia
Una frana non è solo, geologicamente, lo spostamento in basso di materiale roccioso. Può essere un evento che taglia un pezzo di storia. Che elide racconti di uomini in parete. Così è per la Torre Venezia, nel gruppo della Civetta. Un ennesimo crollo, sulla parete sud, l’ ha cancellata praticamente del tutto: «È la quinta frana negli ultimi 10 anni, questa è probabile che risalga al 14 aprile, ma la certezza non c’è, eravamo tutti bloccati a casa. Alcune agordini, però, hanno riferito di aver sentito una specie di boato e aver visto del polverone per l’appunto il giorno 14»: ieri l’alpinista e fotografo Manrico Dell’ Agnola autore della autobiografia appena ripubblicata con nuova veste (“Uomini fuori posto”,il titolo) è andato in sopralluogo insieme alla moglie, Antonella Giacomini, anche lei esperta di montagna. «La frana è l’ultima della serie, ma stavolta un settore di parete è sparito, una fetta intorno ai 150 - 200 metri». Non esiste più l’intera parte a destra: «Quella costituita da placche grige su roccia buona – è la precisazione - al suo posto ho visto strapiombi bianchi e gialli». Impressionante la nuova panoramica. «Si è formato un tetto giallo netto all’altezza del traverso che costituiva il tratto chiave. La metà inferiore della via Tissi cancellata, dunque. Compresa la variante che era stata aperta di recente proprio da Manrico Dell’Agnola, in cordata con Andrea Peron, Alcide Prati e Paolo Colle.
LA VARIANTE
«Si trattava di una variante dritta con rientro, di difficoltà 6a+, su roccia friabile e poco chiodata», spiega Dall’Agnola. Il dispiacere è nella voce, anche perchè la via che la frana si è mangiata portava un nome non banale: «Tissi ha rappresentato la fase dell’alpinismo eroico, segnando la storia». Dopo sono seguite le fasi del tecnicismo degli anni Sessanta, fino alle super vie del 2000. Comunque l’addio non suona solo per la “classica” Tissi. A confondersi tra i detriti – o comunque danneggiati - ci sono, secondo Manrico, il Gran diedro Biasin, e di conseguenza la variante Schubert, una via degli altoatesini e i primi tiri della Via della Libertà, «mentre il primo tiro di Rondò Veneziano (Heinz-Astner) è giusto al margine del distacco e potrebbe non essere stato coinvolto».
LA STORIA 
La Via Tissi, alla Torre Venezia, è annoverata tra le più famose salite su roccia delle Dolomiti. Ad aprire la via fu Attilio Tissi con Giovanni Andrich e Attilio Bortoli il 20 agosto 1933. Al tempo si trattò di una vera impresa alpinistica, viste le difficoltà che erano valutate, allora, come IV, V grado con tratti di VI-. A fare testo dell’impegno richiesto basti pensare che per la ripetizione bisognò attendere ben 17 anni: nel 1950 ad arrivare in cima furono Gino Soldà con Yvonne Syda. Intanto migliorava il tipo di attrezzatura su cui uno scalatore poteva contare: le ripetizioni si susseguono, visto che panorama e ambiente sono di un fascino incredibile, ed attirano: si parte dal rifugio Vazzoler. Quindi su, alla Torre Venezia per i 500 metri di sviluppo della via. La prima in solitaria porta la firma di Armando Aste. In tanti, poi, sulla scia del “free-solo”, slegati e in solitaria. Esperienza questa che, per nove volte, ha provato Dell’Agnola. Nel 1989 ci impiegò 52 minuti.
LA VAL CORPASSA 
Dell’Agnola non ha incontrato nessuno ieri. A parte i gestori del rifugio “Vazzoler”, saliti per fare il punto della situazione. Lungo il tragitto, in Val Corpassa, ancora zone con i resti degli schianti della tempesta Vaia: «È stata una devastazione. Vogliamo volerne vedere il lato buono? Ora, con meno vegetazione, si distingue bene la Torre Babele, il Bancon, l’Elefante».
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