BELLUNO (cfdp) Ha da poco finito un lavoro sui 21 indicatori del governo per classificare le Regioni. Cristina Da Rold è originaria di Longarone e ora abita a Belluno. È una data journalist (lavora soprattutto per Infodata del Sole 24 Ore) ma i dati non li utilizza soltanto per fare grafici e mappe. Per lei i dati non sono fini a sé stessi ma sono uno strumento indispensabile per fare il suo lavoro di giornalista, ossia per leggere quello che sta succedendo. Per questo non è sorprendente che la sua prima frase sia: «Il numero di casi ogni giorno è importante, ma non è il nocciolo del problema. Oltre ai decessi, io guardo di più ai tassi di ospedalizzazione e alle terapie intensive: sono quelli i dati importanti per capire l’impatto sui servizi sanitari e le possibilità di tenuta del sistema».
GLI OSPEDALI
Non entra nel merito delle cifre di questa o quella regione, ma cerca di indicare quali siano i dati più importanti da guardare in un periodo nel quale siamo sommersi da numeri e spesso non abbiamo il tempo per capire quali siano più importanti di altri: «Le terapie intensive solitamente sono piccoli reparti e, preparando un articolo sulla situazione italiana, mi è capitato di parlare con alcuni responsabili che mi hanno detto che in periodi normali sono utilizzati all’80 per cento: per questo non è importante solo sapere quanti malati Covid ci siano in terapia intensiva ma anche quale sia il tasso di occupazione. E così per i ricoverati. Allo stato attuale, però, questo è un dato opaco: non sappiamo quanti siano in tutto i ricoverati in terapia intensiva in percentuale rispetto ai posti disponibili ma soltanto la disponibilità di posti e i malati Covid ricoverati». E poi c’è il problema del personale: «Sì, per parafrasare una canzone e per fare solo un esempio, per fare un anestesista ci vogliono 20 anni».
LE REGIONI
In questi giorni si è sviluppata una polemica sui dati forniti dalle Regioni: «L’importante, per i giornalisti ma anche e soprattutto per chi deve prendere decisioni, è avere dati “puliti” e omogenei». L’ultimo pensiero è per l’atteggiamento dei cittadini: «I negazionisti esistono ma non sono molti, ora sta invece emergendo sempre di più una categoria di persone che comincia a tollerare che ci debba essere un prezzo da pagare in termini di vittime per salvaguardare l’economia. Io ho una valutazione diversa, ma è un aspetto da considerare».