Acc, Cisl: «Il piano Italcomp è servito soltanto a distrarci»

Giovedì 16 Settembre 2021 di Andrea Zambenedetti
L'ingresso dello stabilimento Acc di Mel a Borgo Valbelluna: ancora polemiche dopo l'ultimo vertice

BELLUNO - Un abbaglio collettivo: «L’oppio dei popoli». La Fim Cisl torna sul sepolto piano Italcomp: il matrimonio tra Acc e Embraco, che nelle intenzioni del ministero avrebbe dovuto permettere di riportare in attivo le due società, ipotizzando un intervento di capitale pubblico sul filo del cinquanta per cento del capitale. «Il ministro Giorgetti - sottolinea la Fim - ha più volte sottolineato che l’unica strada percorribile è e rimane quella di una maggioranza di investitori privati. Come era prevedibile, la ricerca di un privato che andasse a sostituire il ruolo pubblico non ha avuto alcun esito: il progetto Italcomp prevedeva tempi di realizzo nel medio termine, l’equilibrio nel breve lo si otteneva solamente tenendo conto di una più ampia strategia di politica industriale orientata al mantenimento e conservazione della filiera produttiva del comparto elettrodomestico italiano. Da qui l’epilogo rovinoso: i lavoratori di Riva Presso Chieri non solo non hanno più un progetto di reindustrializzazione con la prospettiva di finire gli ammortizzatori a dicembre, ma hanno anche perso un anno a discutere e progettare sul nulla. Lo stabilimento di Borgo Valbelluna ridefinisce il proprio obiettivo verso la cessione del perimetro aziendale a quei terzi che possono garantire la continuità produttiva e i livelli occupazionali. In sostanza si affida all’esito della gara d’asta promossa dal commissario Castro».


I TIMORI
Ma quello che è successo a Riva Presso Chieri rappresenta un pericoloso precedente per Acc che nel frattempo ha dilapidato tempo e risorse economiche. Oggi l’azienda ha debiti privilegiati prededucibili superiori al valore della perizia. «Italcomp - riprende la Fim - è stato l’oppio dei popoli: ha garantito per un lungo periodo una pace nelle calde piazze di Belluno e Torino. Aver confermato la copertura economica per la realizzazione di Italcomp e poi non averla onorata ha messo lo stabilimento di Borgo Valbelluna in una situazione di cassa disastrosa. Se l’obiettivo iniziale fosse stato quello definito al tavolo ministeriale dal coordinatore della Struttura per le crisi d’impresa Luca Annibaletti, ossia strettamente connesso alla cessione a terzi tramite asta, le scelte e gli impegni economici sarebbero sicuramente stati altri ed oggi non vivremmo quella situazione di continua precarietà».


LA VIA D’USCITA
A questo punto, il Mise ha indicato come unica via d’uscita i fondi previsti dall’Articolo 37 del decreto Sostegni: «Rappresentava una ricucitura dei rapporti con il governo, dimostrava un impegno diretto e preciso nei confronti dello stabilimento. L’aver scritto un decreto ministeriale convertito poi in legge seguito da un decreto attuativo a sua volta seguito da un decreto direttoriale per poi affermare al tavolo che si devono ancora fare delle valutazioni sulla sua applicabilità non è esattamente quello che ci aspettavamo come impegno diretto e preciso». A rendere stretta la via dell’articolo 37 ci sono due scogli, il primo temporale (la finestra aperta sugli aiuti di Stato è limitata ad imprese che non si trovassero già in crisi quando il covid è arrivato) e il secondo economico: relativo alla difficoltà di rimborsare il prestito nei tempi previsti.

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