Chiude la Tipografia Piave, i dipendenti rischiano di restare senza il tfr

Sabato 27 Marzo 2021 di Giovanni Santin
La sede della Tipografia Piave nel centro di Belluno
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«Non ci è piaciuto il modo. Né quello con cui la vicenda è stata gestita nei mesi e negli anni scorsi, né come è stata data la notizia»: dopo la comunicazione, resa nota giovedì in maniera ufficiale dalla Diocesi di Belluno-Feltre, della messa in liquidazione della storica Tipografia Piave, proprietà dell’opera Gregoriana, venerdì alcuni dipendenti sono usciti allo scoperto. Per raccontare fatti ed eventi.
LE PARROCCHIE TELEFONANO 
«Abbiamo saputo della liquidazione della tipografia una decina di giorni fa – riferiscono – in un’assemblea nel corso della quale ci è stato fra l’altro detto dal direttore, un sacerdote padovano, di non far uscire la notizia, che prima avrebbero contattato i clienti e le parrocchie per evitare che venissero a saperlo dai giornali. E invece cosa è successo? Esattamente così: parroci e altri ne sono venuti a conoscenza leggendo i giornali». E ieri in tipografia non sono mancate le telefonate di parroci e altre persone che qui sono soliti far stampare i loro periodici. E i dipendenti li hanno dovuti tranquillizzare. 
L’EQUIVOCO
«Ma dobbiamo intenderci su cosa voglia dire “stampare”. Dall'aprile 2020 quello che esce dalla Tipografia Piave viene in realtà stampato altrove. Una volta da noi c’erano tre stampatori, ora non ce n’è nemmeno uno, perché nel corso degli anni quelli che andavano in pensione non sono stati sostituiti e l’ultimo, presagendo che le cose non sarebbero andate molto bene, si è licenziato. Da allora non c’è uno stampatore e nemmeno una macchina da stampa funzionante». 
L’ERRORE
I dipendenti che oggi prendono la parola contestano anche la politica aziendale. «In questi anni non hanno mai ascoltato chi, come noi dipendenti, ha provato a sottolineare i problemi, quale direzione pericolosa si stesse prendendo. Un esempio? È stata presa una macchina a quadricromia che non ha mai funzionato bene; finché c’è stato uno stampatore qualcosa è stato possibile fare, ora non più». I due dipendenti riferiscono di un clima pessimo sul luogo di lavoro: «Si lavora senza entusiasmo. Fino a quando? Non lo sappiamo nemmeno noi. Di certo ci sono contratti firmati anche per impegni che non scadono a breve; andranno onorati. E anche se nella nota ufficiale è stato detto che si preoccuperanno di aiutare chi rimarrà senza lavoro, finora non abbiamo visto azioni concrete e interessanti. E non è facile, perché c’è qualcuno di noi alle soglie della pensione. Ci preoccupa il fatto che nel corso della riunione sia stato detto che verrà onorato l’impegno del Tfr, ma al momento non sanno dove e come reperire i 400 mila euro che serviranno. Una delle nostre preoccupazioni è che per "aiuto", intendano ammortizzatori sociali, ma quelli li abbiamo per diritto».
MAI ASCOLTATI 
E proprio per tutelare i propri diritti, i dipendenti si sono rivolti al sindaco e qualcuno non esclude nemmeno di difendersi attraverso un legale. Fra i lavoratori sono stati più d’uno quelli che avevano chiesto di essere ascoltati. «Forse è così in tutte le aziende – dicono – che si presta attenzione solo a ciò che dicono i vertici. Ma qualche idea ce l’avevamo anche noi. E invece non è mai stata accolta. Abbiamo provato in tutti i modi a farci ascoltare. Prima di Natale, per esempio, avevamo anche mandato una lettera in Curia per ottenere un incontro». Quel che è certo è che la Tipografia Piave chiuderà. La sua storia, pur con altro nome, era cominciata all’interno del Seminario Gregoriano, nella zona del cortile vicino alla chiesa di San Pietro. Poi era stata trasferita al civico 62 di via San Pietro. Infine, era il 1962, la sede di piazza Piloni, al piano interrato del centro Giovanni XXIII. Ed è proprio questa l’ultima tappa. Perché a breve verrà liquidata e i suoi beni messi in vendita.
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