Acc sull'orlo del baratro, operai in strada: «Prima illusi e ora abbandonati dallo Stato»

Giovedì 6 Maggio 2021 di Eleonora Scarton
Gli operai Acc occupano la rotonda a Villa di Villa
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BORGO VALBELLLUNA - La bomba è esplosa: 200 lavoratori del turno di mattina dell’Acc di Mel, che ne occupa complessivamente 315, ieri hanno lasciato il posto di lavoro per occupare la strada provinciale. Stanchi ma soprattutto indignati per la mancata promessa del Governo di concedere immediata liquidità all’azienda. Alle 9 gli autoparlanti dello stabilimento hanno comunicato due ore di sciopero. Le maestranze sono quindi uscite sul piazzale dove i sindacati di Fiom, Uil e Cisl hanno fatto il resoconto della situazione, annunciando che fra una ventina di giorni i cancelli della fabbrica si chiuderanno se non ci sarà un immediato finanziamento. Bloccata poi la rotonda di Fontanelle. 

SINDACATI INDIGNATI
«Quanto accaduto con la viceministra Alessandra Todde è una vergogna – ha affermato Stefano Bona (Cgil) -.

Come può una viceministra dichiarare davanti a 60 persone una cosa per poi senza nessun pudore rimangiarsela, attaccando i sindacati di aver frainteso? È vergognoso».

Michele Ferraro (Uilm) incalza sottolineando: «Secondo me la Todde e il ministro Federico D’Incà hanno creduto davvero al progetto Italcomp e ci credono tutt’ora, ma li hanno fatti fuori. Dovrebbero prendere, venire qui insieme a noi a protestare e dimettersi dal loro ruolo. Il problema è che resteranno lì». Mauro Zuglian (Fim) aggiunge: «Non ci servono pacche sulle spalle o beghe politiche. Diamo ragione a chiunque l’importante è che arrivino i soldi necessari». Sindacati e Rsu hanno poi progettato le prossime mosse, ipotizzano anche si spostare la protesta sotto palazzo Balbi a Venezia. 

LE TESTIMONIANZE
Parole e tante promesse, ma il dramma è quello dei lavoratori che tra venti giorni forse non avranno più un lavoro. Romina, Ornella e Mariangela si sono sedute sull’asfalto per impedire il passaggio delle auto. Sono donne che hanno dedicato una vita all’azienda, chi per 30, chi per 27 anni. 
«Non abbiamo più parole – affermano Romina e Ornella -. Essere presi in giro, e per di più pubblicamente, è davvero vergognoso. E quello che fa ancora più male è il fatto che siamo stati presi in giro dallo Stato, ossia da chi dovrebbe tutelarci. Siamo esauste». 
Mariangela Boldo è una lavoratrice riassunta dal commissario Maurizio Castro dopo il licenziamento Wanbao: «Ho 61 anni, dove andrò a trovare lavoro? Quando sono stata licenziata ho girato tutte le fabbriche, senza esito. Sono stata due anni a casa e so cosa aspetta anche ai miei colleghi. È per questo che sono qui a protestare. Dobbiamo darci una mano, a tutti i livelli. A partire dalla Regione. A me non interessa nulla delle Olimpiadi di Cortina e del Prosecco: abbiamo bisogno di soldi per andare avanti. Nessuno si rende conto dell’angoscia che proviamo e che ci portiamo anche a casa ogni giorno». Ha le lacrime agli occhi un altro lavoratore nel dire: «Avevo creduto molto nel progetto Italcomp e nella rinascita dello stabilimento. Adesso? Credo sia arrivata la nostra fine». È lì, in piedi, in rotonda a protestare. E lo farà fino alla fine. Però i dubbi, le preoccupazioni sul futuro sono davvero tanti. 
«Lo Stato ci ha illuso, e le illusioni si pagano. Volete chiuderci? Va bene, liquidateci. L’importante è che finisca questo tira e molla che ci sta sfinendo. Io ho creduto sul progetto Italcomp ma ora non vedo più spiragli. Vedo la chiusura definitiva. Lavoro da oltre 27 anni in Acc, ho vissuto tutte le crisi, questa credo sia la più brutta e definitiva». 

CESA IN TRINCEA
«È la mia gente. La nostra gente e io non posso che essere sempre al loro fianco» - dice Stefano Cesa, sindaco di Borgo Valbelluna, unica figura istituzionale sempre presente. «La politica è responsabile di questo disastro ed è la politica che deve risolvere la situazione». 
Quello che è successo nelle ultime ore è davvero sconvolgente. «Non abbiamo mai visto una situazione di questo tipo. Una situazione in cui si litiga nello stesso ministero e si rinnega quello che è stato detto. Saremo anche la periferia dell’Italia, ma questa gente ha bisogno di essere trattata con dignità e soprattutto con rispetto». Cesa incalza sottolineando che la situazione sta drammaticamente sfuggendo di mano, sia dal punto di vista di disagio sociale che di sicurezza dell’ordine pubblica. Evitiamo che questo dramma si trasformi in tragedia». E l’azione che intende fare Cesa è quella di scrivere direttamente al presidente del consiglio Mario Draghi.
 

Ultimo aggiornamento: 07:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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