Spiridione, il medico-poeta che racconta le storie dei pazienti morti di Covid

Sabato 23 Gennaio 2021 di Davide Piol
Il medico-poeta che racconta le storie dei pazienti che non ce la fanno

IN PRIMA LINEA
BELLUNO Qualcuno lo definisce «il poeta con il camice bianco». Invece lui, che ama «rubare con gli occhi», si vede con quelli dei suoi pazienti: un astronauta, un palombaro o «chissà che strano tipo di imbianchino». Sì, perché Spiridione Della Lucia, pneumologo del San Martino, si muove tra i letti del suo reparto coperto dalla testa ai piedi. È una delle tante, fastidiose, ma in questo caso necessarie conseguenze del covid. La solitudine amplificata dei pazienti positivi. Costretti a rinunciare a un sorriso (nascosto dalla mascherina), a una stretta di mano (anestetizzata dai guanti), a quei fattori che potremmo chiamare umani. Eppure c’è chi riesce, nonostante tutto, a metter davanti la persona ancora prima del dottore e a instaurare con i pazienti un rapporto di empatia, amicizia e fiducia che li fa sentire un po’ meno distanti dalle mura domestiche. Sull’epigrafe di una delle vittime covid, ad esempio, i familiari hanno scritto: «Ci ha lasciati Maurizio Damian. Un grazie di cuore al reparto di Pneumo e in particolar modo al dottor Della Lucia per l’umanità dimostrata». 
LA STORIA
Maurizio ha perso la vita dieci giorni fa nell’ospedale di Belluno. Aveva 58 anni ed era titolare, insieme alla moglie Paola, del noto mobilificio Sommariva di viale Cadore a Ponte nelle Alpi. Tre figli: Sofia, Tosca e Tobia. «Il covid ti ha strappato via come fa un ladro, senza troppo rumore, ma non ha potuto cancellare la tua presenza che, da bravo artigiano del legno, hai saputo scolpire dando un senso profondo al nostro incontro». È il finale del racconto che il pneumologo del San Martino ha dedicato a Maurizio e poi affidato ai social. Ricordi che si accavallano e s’intersecano per cercare di esorcizzare un finale che si mette in conto ma a cui non ci si abitua mai. «Sei un falegname? Forte! Anche i miei nonni lo erano…». Il loro rapporto era iniziato dalla passione per il legno e da quel tanto caro a entrambi «rubare il mestiere con gli occhi». Maurizio si trovava in Pneumologia per problemi respiratori. All’inizio gli era stata data una maschera capace di spingere fino a 15 litri di ossigeno al minuto. Se la situazione fosse peggiorata sarebbero stato necessario passare ai livelli superiori. Cosa significa? «Devi vederla in questo modo – gli aveva spiegato il dottore –. È come se per trattare al meglio uno dei tuoi mobili tu dovessi passare dalle vernici più semplici a quelle più complesse, per gradi. Ecco, noi dobbiamo fare la stessa cosa». Poi, purtroppo, il peggioramento e la nuova maschera d’ossigeno, questa volta fissa. «Fatica a reggere la maschera, si sta stancando – aveva raccontato Della Lucia alla moglie Paola –. È tutto concentrato sul suo respiro. Gli servirebbe qualcosa a cui pensare per resistere. Una cosa bella tra di voi, un progetto per il dopo, per non mollare. Intanto però si potrebbe fargli la barba, così la maschera aderisce meglio e gli fa meno caldo, che ne dice?». Era stato l’ultimo vero contatto tra i due. Le condizioni di Maurizio Damian erano sempre più gravi: prima i raggi, poi il terzo e il quarto livello di ossigenazione, infine il trasferimento in Terapia Intensiva. Arriva la sera del 13 gennaio scorso. All’inizio del turno Spiridione Della Lucia chiede al collega se ci sono novità. «Giornata dura, tanti ricoveri – risponde lui –. Il signore del 6 poi ha ceduto, l’abbiamo dovuto...». Non c’è bisogno di saper altro per capire chi si nasconde dietro quel numero: Maurizio Damian. La sua storia, oltre a sottolineare ancora una volta la gravità del virus, insegna che dietro le professioni ci sono delle persone. E che un barlume di umanità, soprattutto in certi ambiti, può risultare un forte antidoto contro la paura e la solitudine. 
Davide Piol 
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Ultimo aggiornamento: 10:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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