Rsa di Cusighe, spunta un esposto: «Ecco cosa succede nella struttura»

Giovedì 7 Gennaio 2021 di Davide Piol
La rsa di Cusighe, Belluno, ospita persone con disabilità psichica

Per tre anni i dipendenti della rsa di Cusighe hanno segnalato gli orari lavorativi estenuanti, le paghe più basse del dovuto e i dispositivi di protezione individuale inadatti.

Con l’inizio dell’epidemia la situazione è precipitata. Intanto, si sono ammalati tutti: infermieri, oss, addetti alle pulizie, ospiti e pure la direttrice. Con il risultato che, in alcuni giorni, le terapie sono saltate perché non c’era nessun infermiere in servizio. «La direzione si sente in una botte di ferro – aveva denunciato una dipendente – perché i familiari non vedono cosa accade all’interno della struttura e ci vietano di parlare con loro». Accuse che in parte sono contenute in un esposto, depositato in Questura e trasmesso alla Procura di Belluno. All’interno ciò che familiari e dipendenti della rsa di Cusighe hanno vissuto negli ultimi tre anni. Da quando, cioè, la gestione della struttura è passata in mano alla Cooperativa “Rosa” di Agrate Brianza (Monza).


LA STRUTTURA
Il Centro di Cusighe ospita 39 persone dai 20 ai 60 anni con disabilità psichiatriche gravi e gravissime. La difficoltà nel gestirli richiede un personale che dev’essere non solo presente fisicamente in struttura, ma rappresentare anche una “costante” per coloro che vi soggiornano. In tre anni sono cambiati 25 infermieri. L’emergenza sanitaria ha evidenziato problemi che facevano già parte della struttura e ne ha fatti emergere di nuovi. Quando sono stati scoperti i primi positivi, la direzione li ha spostati in un’ala della rsa senza pensare che i dipendenti avrebbero dovuto attraversare l’area covid per potersi svestire. Era stata una dipendente a raccontare che quello «era l’unico modo per raggiungere lo stanzino con le nostre cose».
MASCHERINE CONTATE
Inoltre «ci davano una mascherina che doveva durare per tutto il turno. Quindi 7 ore e mezza. Mentre è noto che dopo 3-4 ore bisogna buttarla e prenderne una nuova». Ma non è finita qui. Infermieri e oss hanno affrontato la prima e la seconda ondata con camici in carta-stoffa. Quindi: non idrorepellenti. Il virus si è diffuso velocemente nella struttura e si sono ammalati tutti. Compresi gli addetti alle pulizie. Gli ospiti, per fortuna, hanno reagito bene. I sintomi sono stati lievi e, ora, rimane un solo positivo ma questo non sminuisce la gravità della situazione che avrebbe potuto avere conseguenza ben diverse (in relazione anche alle patologie di alcuni ospiti).


IL FAMILIARE
«Stiamo combattendo da 3 anni – racconta uno dei familiari – Prima del covid eravamo seguiti da un avvocato. Ce l’avevano consigliato per tutelarci». Raccolti gli elementi necessari, il legale aveva inviato diverse lettere all’Usl 1 Dolomiti ma «non è cambiato nulla. Per loro andava tutto bene: ci siamo scontrati con un muro di gomma». La battaglia è stata portata avanti anche dai dipendenti tramite Uil Fpl. Poi il 2020 e il covid. All’inizio della stagione estiva, tra la prima e la seconda ondata, era stato depositato un esposto in Questura ed erano cominciati gli accertamenti. C’è un altro nodo da sciogliere. Dopo i fatti drammatici di novembre, Cooperativa Rosa si era resa disponibile per un incontro. Complici le festività e tutti i dipendenti positivi al virus, si era deciso di aspettare.


I SINDACATI
«Da allora non li abbiamo più sentiti – fa sapere Marinella Pasini di Uil Fpl – La nostra intenzione era di preparare una bozza di proposta di accordo da discutere con i vertici di “Rosa”. I dipendenti ancora non sanno se, dopo 3 anni, la situazione rimarrà quella di sempre». A febbraio un’altra infermiera lascerà la struttura di Cusighe per spostarsi in ospedale e sarà necessario sostituirla. Il problema è che non si trovano infermieri. «È tutto precario – conclude il familiare di uno degli ospiti – Oggi così, domani non si sa. Parlano tanto di vaccinare gli anziani e poi rimangono senza assistenza».

Ultimo aggiornamento: 08:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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