Ecco quanto è costato il covid a Belluno: è prima per ore di cassa integrazione

Giovedì 21 Gennaio 2021 di Andrea Zambenedetti
Tutti i numeri della crisi, visti dall'Inps
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BELLUNO - Nessuno aveva dubbi sulle ripercussioni economiche che la pandemia avrebbe avuto sulle tasche dei cittadini ma oggi quei dubbi diventano granitica (e drammatica) certezza. La provincia di Belluno si è distinta, in negativo, per essere quella in cui ci sono stati più contagi pro capite del Veneto (per un periodo addirittura d’Italia). Guida la lista dei morti contagiati di Covid della regione. E, ora è certificato dai numeri Inps, è anche di quella in cui i cittadini, oltre a pagare un prezzo altissimo sul fronte della libertà personale e sul piano emotivo (con i decessi a quota 490 siamo praticamente a una vittima ogni 400 abitanti), pagano con il loro stipendio gli effetti del contagio.
QUINDICI SU CENTO
I dipendenti bellunesi che nel 2020 hanno ottenuto il pagamento diretto della Cassa integrazione guadagni Covid o che hanno ottenuto il conguaglio Inps della stessa misura sono 31.276: 151 ogni mille abitanti, 15 ogni cento. In nessun’altra provincia del Veneto a così tante persone è stato riconosciuto l’ammortizzatore sociale. Ad avvicinarsi sono state soltanto Vicenza (149 ogni mille abitanti) e Treviso (148). E, purtroppo, il quadro complessivo del 2020 potrebbe aumentare ulteriormente il divario tra Belluno e le altre province venete. I dati sono infatti aggiornati al 4 novembre. E gli ultimi mesi dell’anno, sul fronte della pandemia (con picchi di un contagiato ogni quaranta residenti), sono stati i più difficili per questo territorio che ha faticato a cogliere da subito la portata di quanto stava avvenendo.
LE ORE DI CASSA
Undici giorni e mezzo di cassa integrazione nel 2020, includendo nel calcolo anche bambini, anziani e iscritti all’Aire.

Un dato impressionante che da solo spiega cosa ha provocato il coronavirus sull’economia. E anche in questo caso le oltre 19milioni di ore di cassa integrazione Covid autorizzate collocano la provincia di Belluno (media di 93 ore pro capite), come la provincia veneta che ha fatto maggiore ricorso all’ammortizzatore (Treviso 88 ore, sempre includendo bambini e pensionati; Venezia 87; Rovigo 45).


ANNO DIFFICILE
Se il 2020 è stato un anno da scordare, va anche detto che ci sono stati mesi in cui il ricorso agli ammortizzatori sociali racconta di una situazione più difficile rispetto ad altre. Il maggior ricorso alla cassa l’Inps lo ha registrato nel mese di aprile con quasi 7milioni di ore di cassa integrazione autorizzate, più o meno il trenta per cento del computo totale. L’arrivo della pandemia è stato come una deflagrazione. Solo ad agosto (autorizzate 948mila ore) la corsa alla cassa ha avuto un rallentamento. A settembre la ripresa sembrava ad un passo (547mila ore) ma l’illusione è durata poco perché il mese successivo le ore autorizzate sono raddoppiate, facendo intendere come il divario possa ulteriormente essere amplificato nel dato definitivo.
IL PARAGONE
C’è un dato, che è importante tenere a mente. È regionale ma è fondamentale per orientarsi nella crisi del 2020. È il confronto con l’ultima crisi strutturale, quella datata 2018. Se all’epoca erano state chieste in Veneto 59milioni di ore cassa, nel 2020 (al dato mancano sempre novembre e dicembre) ne sono state autorizzate sei volte tante: 302milioni.

I BONUS

Chiedere aiuto. Puntare sui bonus, appellarsi allo Stato, anche nel bel mezzo di una pandemia è una possibilità considerata come estrema per i bellunesi. I bonus erogati, o meglio quelli non erogati (perché non richiesti) lo dicono chiaramente. La provincia di Belluno è stata l’ultima del Veneto per numero di richieste pro capite dell’indennità “una tantum” da 500, 600 e mille euro. L’ultima del Veneto per richieste di reddito d’emergenza, idem sul fronte dei bonus domestici e su quello dei bonus bebè. Solo sul fronte della legge 104 Belluno si piazza a metà classifica: con 3,87 beneficiari ogni mille residenti, la media regionale è di 4,04 su mille abitanti.
INDENNITÀ UNA TANTUM
A chiedere il bonus da 500, 600 e mille euro sono stati circa 14mila bellunesi: 68 ogni mille abitanti, contro i 79 di Rovigo o gli 81 di Verona o, ancora, i 76 di Venezia. La categoria che ne ha fatto maggiore ricorso non sono, come verrebbe facile immaginare, gli stagionali ma sono stati gli autonomi. Diecimila quelli che in provincia hanno chiesto aiuto alle casse statali durante i mesi in cui gli stanziamenti erano disponibili.
REDDITO D’EMERGENZA
Interessante anche il dato che riguarda il reddito d’emergenza. Numeri che raccontano la compostezza dei bellunesi ma anche, evidentemente, un reddito più elevato, tale da ridurre il numero di persone che ha avuto la necessità di chiedere un sostegno specifico nei mesi più difficili. A chiederlo sono stati in 826 (tra articolo 82 e 23), quasi quattro persone ogni mille residenti. La media del Veneto è di otto ogni mille. A Treviso di sette e in tutte le altre è superiore, fino al picco di Venezia dove quasi dieci persone su mille ha percepito il reddito d’emergenza.
BONUS BEBE’
Sul fronte del bonus destinato alle nascite dei bambini non c’era da aspettarsi granché in una provincia in cui le nascite sono ridotte al lumicino. Previsioni ampiamente confortate dai numeri. A chiederlo 4652 Bellunesi, con 22 beneficiari ogni mille abitanti. In nessun’altra provincia veneta ne sono stati chiesti così pochi. La media regionale è di 32 richieste ogni mille, a Padova a chiederlo sono stati in 36 ogni mille, a Vicenza 35. 
LA MACCHINA
Per l’Inps elaborare una mole di richieste senza precedenti, con gli uffici da riorganizzare per la pandemia non è stato certo semplice. Ma sono i numeri - ancora una volta - a testimoniare l’enorme lavoro fatto dalla sede dolomitica guidata dal direttore Marco De Sabbata. Con l’Inps che in questa fase è diventato un fondamentale ed insostituibile punto di riferimento per la comunità provinciale bellunese e in particolare per le fasce sociali più deboli. La struttura si è distinta per la velocità di erogazione di cassa integrazione e dei bonus. Nella sede provinciale di Belluno è stata costituita un task force dedicata alla lavorazione delle pratiche a sostegno del reddito dei lavoratori in temporanea difficoltà a causa delle crisi aziendali. «Il pagamento della cassa - fa sapere la sede di Belluno - dal ricevimento del modello che contiene i dati giuridici ed economici del lavoratore viene lavorato dagli uffici nelle 24 ore: quindi la prestazione sostanzialmente viene erogata in tempo reale». Una velocità di reazione che colloca Belluno (con Treviso) in termini assoluti ai vertici nazionali per efficienza. Nonostante la crisi, epocale, la sede provinciale ha garantito la correttezza delle prestazioni ordinarie e di primo livello in particolare pagamento delle pensioni, naspi e reddito di cittadinanza, bonus nell’ambito dell’aiuto alla famiglia.
CAPOFILA
E in quest’anno in cui il lavoro per gli uffici di certo non è mancato la sede provinciale dell’Inps è anche diventata apripista a livello nazionale per il riconoscimento dell’invalidità civile, grazie ad un protocollo tra Usl (a cui spetta il compito della prima visita) e Inps (che si occupa di validare e revisionare la pratica). Un accordo partito dalle Dolomiti e esteso alla penisola che prevede il riconoscimento agli atti, ossia senza la presenza fisica del cittadino alla visita al Centro medico legale dell’Inps o della Usl. Altra misura inedita quella delle videochiamate con l’accordo nelle comunità montane, i comuni e i patronati dove il cittadino può avere gli incontri virtuali con l’Inps bellunese. Misure di prevenzione che, c’è da scommettere, verranno copiate anche altrove. 

Ultimo aggiornamento: 11:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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