Cervo piomba sulla strada, auto da rottamare e niente risarcimento

Martedì 17 Dicembre 2019
Cervo piomba sulla strada, auto da rottamare e niente risarcimento
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VENEZIA -  Niente risarcimento per la vettura semidistrutta nello scontro con un grosso cervo sull'Alemagna fra San Vito di Cadore e Cortina d'Ampezzo. Territori comunali in cui, secondo gli atti della causa intentata da un automobilista contro la Regione, si sono verificati 71 incidenti di questo tipo, di cui 41 proprio sulla Statale 51. L'ha sancito definitivamente la Cassazione: «La fauna selvatica, infatti, è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale, posto che si tratta di espressione di una politica di sostegno dell'equilibrio ecologico che di per sé non impone alla pubblica amministrazione l'obbligo di attuare generali misure di protezione e di sorveglianza, fatti salvi i pericoli intercettati e segnalati in concreto e non adeguatamente considerati».

Stando a quanto ricostruito nel corso del giudizio, alle 21.30 del 25 agosto 2013, «in condizioni di scarsa visibilità per il buio, la nebbia e la pioggia», l'imprenditore stava percorrendo la strada al volante della sua Opel Insigna, quando l'esemplare adulto fece «irruzione sulla sua carreggiata» e investì la macchina «provocando ingenti danni»
 


, consistiti nella distruzione di tutta la parte anteriore tanto che scoppiarono i due airbag, come accertato dalla polizia provinciale di Belluno. Una volta in Tribunale, l'uomo presentò una richiesta di 13.600 euro, riducibili a 12.472,50 «nell'ipotesi in cui il giudice avesse ritenuto antieconomica la rottamazione dell'autovettura» e a 6.800 nel caso in cui fosse emerso un suo concorso di colpa. Ma la domanda venne respinta, così come fece poi la Corte d'Appello.
L'IMPUGNAZIONE
In questo modo si arrivò all'impugnazione. Per la difesa dell'automobilista, «sulla Regione gravava l'obbligo di predisporre tutte le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrecassero danni a persone o a cose» e l'apposizione di un cartello di pericolo a 450 metri dal luogo dell'incidente non era «misura sufficiente ed idonea per escludere una responsabilità colposa della Regione, non ravvisandosi un obbligo generalizzato di recinzione di tutti i perimetri boschivi a suo carico», tanto più visti gli elevati numeri dei sinistri simili accaduti nella zona.
LE MOTIVAZIONI
Tuttavia anche la Cassazione ha rigettato questa tesi, partendo dal principio che «gli animali vaganti non hanno mai avuto né un proprietario né un utilizzatore», per cui chi viene danneggiato da un loro comportamento deve limitarsi a dimostrare «una condotta colposa ascrivibile al soggetto preposto alla cattura ed alla custodia di essi». In questo caso, si legge nelle motivazioni, l'incidente non avvenne «per causa di un animale randagio, bensì per l'improvvisa invasione della corsia di marcia» da parte dell'ungulato, che «appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato, il cui controllo spetta alle Regioni». L'istituzione aveva però provveduto a posizionare il segnale stradale: quello che è successo, secondo gli ermellini, è dovuto alle particolari circostanze atmosferiche di quella sera. Per la Suprema Corte, «proprio le condizioni di tempo e di luogo» indicate dall'imprenditore, «in aggiunta alla segnalazione di pericolo di attraversamento di animali selvatici» predisposta dalla Regione, «avrebbero dovuto indurre la vittima ad adottare alla guida dell'auto un comportamento particolarmente prudente sufficiente, secondo un criterio di ragionevolezza, ad evitare l'impatto con l'animale».
Angela Pederiva
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Ultimo aggiornamento: 14:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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