Baristi di paese alla disperazione: «Fateci riaprire, non si può fare take away col caffé»

Domenica 3 Maggio 2020 di Lauredana Marsiglia
Paola Canal del Bar Roma di Puos d'Alpago
ALPAGO - Coronavirus, la disperazione dei baristi. «Abbiamo chiuso il 13 marzo, il nostro contributo lo abbiamo dato. Ora fateci lavorare, perché ne abbiamo bisogno. Siamo già una categoria a rischio». Paola Canal, titolare del bar Roma di Puos d’Alpago, ha il groppo in gola, anche se l’intento non è certo quello di ottenere compassione. Tutt’altro, chiede la dignità del lavoro. Alla richiesta di poter ripartire, aggiunge però lo sconforto di sentire il vuoto attorno a sè, «perché - spiega -, le nostre categorie non si sentono, mentre i politici preferiscono non prendersi responsabilità visto che a fine mese la paga la prendono lo stesso».

CAPPUCCINO TAKE AWAY
Si potrebbe riaprire con il take away, ma come si fa a farlo per cappuccini e caffé? Chi mai andrebbe al bar per portarsi a casa la colazione o un aperitivo? Probabilmente nessuno.
«Dobbiamo inoltre considerare - prosegue la Canal - che il bar ha una funzione sociale. Noi siamo spesso la compagnia per le persone più anziane che in noi vedono un riferimento, tanto che ci sono alcuni che si rivolgono a noi anche per delle commissioni, compreso quello di effettuare per loro prelievi al bancomat che ci consegnano assieme al pin. E questo la dice lunga sul ruolo che noi svolgiamo in una piccola comunità».

SETTORE GIÀ IN CRISI
La chiusura prolungata ha colpito un settore che già da anni faticava. «Un tempo si guadagnava - racconta la barista -, oggi si sopravvive lavorando 12 ore al giorno. Gestisco questa attività ormai da 26 anni assieme a mio marito e di difficoltà ne abbiamo vissute tante. Oggi purtroppo, ci troviamo a gestire non solo un’emergenza sanitaria ma anche economica e psicologica per una chiusura che dura ormai da quasi due mesi. Nel frattempo dobbiamo far fronte ai costi necessari per tenere in piedi la baracca, costi che sono alti e quei pochi soldi che lo Stato ci ha dato di sicuro non ci garantiscono di andare avanti. Non voglio su questo fare polemica, perché, in fondo, è la prima volta che incasso senza lavorare, ma è giusto ricordare che la nostra categoria è abituata a non essere tutelata».

LE SPESE CORRONO
Paola Canal chiede di poter riaprire, ovviamente garantendo quelle misure indicate per evitare contagi. Ripartire è importante perché ci si trova di fronte ad una categoria che è già a rischio, massacrata da costi alti e un fisco vorace. 
«In merito al servizio take away - aggiunge la Canal - volevo ricordare che non è una soluzione adatta a tutti. L’unico aspetto positivo potrebbe essere una prima forma di contatto con i clienti, perché i legami sociali qui sono radicati. Purtroppo, le nostre associazioni di categoria non si sentono e i nostri politici faticano a prendersi responsabilità. Del resto a loro gli stipendi sono garantiti. Qui la questione ormai è seria, molti chiuderanno con conseguenze economico sociali che metteranno tanti in ginocchio».
E in merito ai costi alti basta dare un’occhiatta all’ultima bolletta della luce: per 80 euro di consumo il conto finale, tassato e ritassato, è stato di 250 euro.
 
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