«Durante l'emergenza sono crollati i codici rossi: in calo ictus e infarti»

Mercoledì 6 Maggio 2020 di R.B.
La formazione del Pronto soccorso di Belluno
I pazienti che arrivano da voi possono essere potenzialmente tutti positivi, come avete agito?
«I primi casi di Coronavirus sono arrivati al San Martino i primi di marzo: a febbraio abbiamo provveduto a costruire l’istruzione operativa aziendale, ad istituire i percorsi e le modalità di accettazione nel pronto soccorso, ad adottare procedure per il soccorso con mezzi specificamente allestiti. Il controllo degli accessi e una mascherina chirurgica consegnata a tutti coloro che presentavano una sintomatologia simil influenzale di fatto prima ancora dell’ingresso in ospedale ha permesso sin da subito di proteggerlo da un possibile contagio. Inoltre abbiamo eseguito in pronto soccorso il tampone a tutti i pazienti da ricoverare fin dai primi giorni della pandemia». 
Quando è nato il pronto soccorso Covid?
«Già dalla fine di febbraio c’erano dei percorsi distinti per sospetti e dal 16 marzo è stato attivato il “PS 1.9”, nella sede delle Cure Palliative, un vero e proprio pronto soccorso con locali dedicati e separati tra loro per garantire l’isolamento ai pazienti sospetti Covid. Adiacente al “PS 1.9” abbiamo allestito un Posto Medico Avanzato, sanificabile, costituito da 3 tende della Protezione Civile. Nel pronto soccorso 1.9 medici infermieri oss e tecnici hanno lavorato con tutti i dispositivi di protezione individuale necessari, secondo istruzioni ministeriali, ma anche nel pronto soccorso “pulito” ho sempre raccomandato un grado di attenzione molto elevato e insistito sull’immediato utilizzo di tutti i dpi. Allo screening aziendale con tampone per i reparti ad alto rischio nessuno tra medici infermieri oss ausiliari autisti ed amministrativi è risultato positivo».
Come avete fatto fronte a tutto questo, con il personale?
«In pronto soccorso lavorano 14 medici tra cui 5 medici libero professionisti con anche funzione Suem, 11 autisti, 30 infermieri, 9 oss, 2 ausiliari cui si aggiungono il direttore medico e il coordinatore infermieristico. I colleghi dell’Ortopedia di Belluno e Agordo hanno collaborato alle fasi iniziali di attivazione del “PS 1.9” garantendo la loro presenza h 12. Tutto il personale per far fronte alla pandemia ha saltato giornate di formazione riposi e ferie, rendendosi disponibile alle esigenze di un servizio “sdoppiato”. Ringrazio tutti e sono orgogliosa di loro».
Quando è iniziata la vera emergenza?
«Inizialmente sono arrivati pazienti con sintomatologia simil influenzale molto lieve in rientro da altre zone, in parte suggestionati ed allarmati. Poi progressivamente si sono presentati casi sempre più gravi, con febbre e mancanza di fiato, e talvolta con una caratteristica peculiare dell’infezione di SARS Cov-2, e cioè quella per cui non si avverte soggettivamente la mancanza di ossigeno, che invece c’è e che gli esami documentano, né è presente “fatica” respiratoria».
Come vengono trattate le patologie urgenti non sapendo se il paziente è positivo o no?
«I pazienti che accedono in pronto soccorso in condizioni di emergenza-urgenza, che devono essere valutati e trattati immediatamente in tempi brevi e che non hanno un tampone nelle precedenti 48 ore sono trattati come sospetti Covid fino all’esito del tampone. Devono essere quindi gestiti dal personale con tutti i dispositivi di protezione individuale in percorsi dedicati. Un esempio è la gestione ed il trattamento dell’ictus ischemico trasferiti in Pronto Soccorso in condivisione con la Neurologia, per non vincolare e ritardare a dopo l’esito del tampone la trombolisi, che è emergente e di norma è fatta in reparto, garantendo così al paziente un trattamento tempestivo in sicurezza e contemporaneamente il mantenimento della Neurologia Covid free. Quanto fin qui fatto ed esposto trova esatta corrispondenza nelle “Linee di indirizzo regionali - Fase 2 Covid 19” emanate dalla Regione Veneto il 28 aprile».
Il virus ha svuotato il pronto soccorso, si vede dai dati degli accessi che sono dimezzati. Cosa è successo? 
«La rilevante ed oggettiva diminuzione degli accessi di PS ha incredibilmente riguardato anche i codici Gialli e Rossi che identificano condizioni potenzialmente o immediatamente pericolose per la vita, in cui rientrano anche le patologie tempo-dipendenti quali l’ictus cerebri o l’infarto miocardico acuto». 
Come vi ha cambiati questa emergenza?
«Ci siamo scoperti vulnerabili e fragili. Abbiamo avuto paura. Paura della malattia, di un contagio invisibile, di poter noi stessi contagiare chi amiamo. Abbiamo perso quella patina di invincibilità da cui ci sentiamo protetti nel nostro lavoro. E alla fine abbiamo vinto le nostre paure nel senso profondo del nostro lavoro. Nella vita di prima non eravamo eroi ma dipendenti senza nome di un sistema pubblico troppo spesso giudicato inefficiente: vorrei che ci fosse memoria oltre questa pandemia. Vorrei rispetto per il nostro lavoro, quel rispetto verso sé e gli altri che è anche semplicemente indossare correttamente una mascherina».
Ultimo aggiornamento: 13:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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