Verso la privatizzazione delle centrali idroelettriche: il Copasir lancia l'allarme

Venerdì 23 Settembre 2022 di Lauredana Marsiglia
La diga di Auronzo
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BELLUNO -  Scadranno nel 2029 le concessioni sulle 15 grandi derivazioni idroelettriche della provincia oggi tutte in mano all’Enel. Belluno, in ambito Veneto, rappresenta una riserva straordinaria per creare energia pulita, “oro” per un futuro che si prefigge sostenibilità e rinnovabilità come pilastri di un mondo libero da fonti energetiche inquinanti. Ma il rischio è quello di diventare territorio di conquista di grandi gruppi della finanza e dell’industria europea, con possibili contraccolpi anche sull’economia locale dovuta alla mancanza di controllo su un asset strategico. Senza contare che un bene potrà essere sfruttato fino all’osso e poi essere mollato senza investimenti. Una possibilità legata all’interrimento delle dighe che, col passare degli anni, diminuiscono la loro capacità di invaso e quindi produttiva.
Si tratta di una partita di portata epica, mai accaduta prima, sulla quale il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ha lanciato l’allarme parlando non solo di «vulnerabilità energetica del Paese» ma anche dell’urgenza di rivedere alcune linee di azione «al fine di evitare di trovarsi in difficoltà maggiori di quanto oggi non si intraveda».


Perché l’Italia, nonostante l’Europa nel novembre 2021 abbia ritirato la procedura di infrazione per le mancate privatizzazioni del settore, è l’unico Paese europeo ad aver abbracciato una politica di completa liberalizzazione, mentre tutti gli altri hanno preferito rinnovare le concessioni portandole anche a 90 anni (come l’Austria) trattenendo quindi in casa il patrimonio energetico, ancor più prezioso alla luce della cosiddetta transizione ecologica e della crisi innescata da equilibri economici internazionali oggi “condensati” nella guerra in Ucraina. Manca quindi la reciprocità nel mettere sul mercato un settore vitale. Insomma, dopo le spiagge anche le dighe.
La Regione Veneto si sta preparando per formare i bandi che dovranno essere avviati cinque anni prima della scadenza, ovvero nel 2024. Non c’è tempo da perdere. Due le forme previste nel Progetto di legge n. 75 licenziato il primo settembre 2022 dalla seconda Commissione Permanente in attuazione della legge Bersani n. 79/99: bando europeo, con apertura ai grandi gruppi internazionali, o gestione diretta attraverso società miste pubblico-private con previa procedura selettiva del socio privato. La durata della concessione sarà tra 20 e 40 anni. In questo nuovo quadro normativo i territori restano esclusi. Il testo arriverà in consiglio regionale già con il prossimo ordine del giorno.
La provincia di Belluno contribuisce per circa l’11 per cento alla produzione regionale con le sue grandi centrali alle quali si aggiungono atri 80 impianti da 220 fino a 3mila Kw e 30 sotto i 220. Uno scrigno di ricchezza che porta nelle casse provinciali, tra Enti Provincia, Consorzio Bim e Comuni oltre 18 milioni di euro l’anno. Gli incassi non dovrebbero cambiare anche se cambia la forma di pagamento della concessione che avrà una componente fissa, 40 euro a kilowattora, e una variabile non inferiore al 5 per cento dei ricavi sulla cessione di energia.
I Comuni sono in fibrillazione così come le società partecipate, ovvero il Consorzio Bim e la Bim Infrastrutture. Ci si chiede quale urgenza ci sia, anche alla luce della crisi energetica in atto.
 

Ultimo aggiornamento: 24 Settembre, 10:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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