Coltellata al senegalese: il giudice convalida l'arresto

Giovedì 13 Agosto 2020 di Lauredana Marsiglia
La piazzetta di Mare dove è avvenuta l'aggressione al venditore ambulante
SAN PIETRO DI CADORE - L’arresto di Nicola Mina, 28 anni, di Comelico Superiore, è stato convalidato ieri dal Giudice per le indagini preliminari, Angela Feletto, con le accuse di lesioni gravi e porto abusivo d’arma. Ma soprattutto viene contestata l’aggravante dell’odio razziale (604 ter del Codice penale), passaggio sul quale il difensore, Danilo Riponti del foro di Treviso, intende fare piena luce per dimostrare come tra i due ci fosse già della ruggine. 
NESSUN INSULTO RAZZISTA
Il colore della pelle, secondo Riponti, non avrebbe cambiato l’esito di quell’alterco scoppiato lunedì pomeriggio nella piazzetta di Mare, davanti ad un solo testimone secondo il quale Mina non avrebbe comunque proferito insulti razzisti al venditore amubulante di origine senegalese. Si tratta di Wagne Serigné, 47 anni, residente a Cavaso del Tomba (Tv), ferito all’addome con il coltellino pieghevole che il giovane Mina aveva in tasca, di rientro dal bosco dove era andato per funghi. L’africano è ancora ricoverato a Treviso, ma non è in pericolo di vita.
FACOLTÀ DI NON RISPONDERE
L’indagato, presente ieri in aula, si è avvalso della facoltà di non rispondere, così come il difensore non ha chiesto subito la revisione della misura degli arresti domiciliari, subordinando l’istanza di un possibile alleggerimento della misura alla presentazione di un dossier che fotografi con precisione cos’è successo, quali precedenti ci fossero tra i due e quale sia il profilo dell’indagato. A pesare, soprattutto, c’è l’aggravante razziale, ma anche la legge sulle armi non scherza in fatto di pene severe.
«Abbiamo scelto la strada della collaborazione - ha spiegato Riponti - e ho trovato grande disponibilità sia da parte del Gip che del Pubblico ministero».
LA VECCHIA RUGGINE
Quale sia stata la molla che ha fatto scattare la rabbia di Mina, per ora, resta avvolta in una sorta di nebbia che si allunga fino ad un precedente litigio tra i due, nel quale era coinvolta anche una terza persona. È in questo passato che andrebbe ricercata la chiave di lettura del fatto avvenuto lunedì.
Mina, operaio in un’azienda di serramenti, quel giorno era rientrato dal bosco dove era andato per funghi. In tasca aveva il coltello pieghevole, usato per recidere i miceti. Arrivato in piazza ha trovato il senegalese. E forse quella vecchia ruggine è saltata fuori, assieme a quel coltello che aveva ancora in tasca. Dopo averlo colpito all’addome, Mina si sarebbe allontanato, per poi tornare sulla scena del crimine quando erano già arrivati i carabinieri.
ISTANZA A FINE MESE
«Forse non si è nemmeno reso conto di quanto aveva fatto - spiega Riponti -, tanto che ha iniziato a parlare con i militari, parlando forse anche troppo in un contesto così delicato».
L’aspetto razziale, secondo il legale, è assolutamente infondato. Entro fine mese sarà pronto il dossier e la richiesta di revisione degli arresti domiciliari.
 
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