L'ultimo dei cercatori d'oro:
«Ecco come recupero pepite»

Domenica 22 Maggio 2016 di Giuseppe Pietrobelli
Luciano Pontillo in azione
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SOSPIROLO - Quattro case scarnificate, come fantasmi di pietra e di legno. Un borgo distrutto dalla piena di cinquant'anni fa. E un nome evocativo delle antiche illusioni di un'improvvisa ricchezza. California sta nella Valle del Mis, tra Sospirolo e Gosaldo. Da tempo hanno costruito la Nuova California a Sedico, verso la pianura, dopo l'alluvione tremenda del 1966. Ma lassù, in mezzo al bosco, dove un tempo salivano i cercatori, l'oro c'è ancora adesso. Basta avere la pazienza di setacciare la sabbia del fiume.
Luciano Pontillo, siciliano di Canicattì trapiantato a Quinto, in provincia di Treviso, l'oro lo ha trovato per davvero. Ma non fa come chi, nell'Ottocento, teneva il segreto per sé, sperando di essere il primo a sfruttare il prezioso luogo. Anche perchè la scoperta, molto particolare per una montagna come le Dolomiti, rimane al momento a livello amatoriale. E pensare a una riedizione delle corse all'oro non è realistico. Eppure, con i tempi di crisi...
«In Veneto l'oro non si trova solo nella valle del Mis, ma anche nel fiume Brenta, a Nove di Bassano. Mentre in Valle Dell’Agno si possono trovare gli zirconi”. L'oro è in quantità e dimensioni modeste, eppure luccica. Pontillo mostra quello che ha raccolto negli ultimi mesi, custodito dentro alcune teche. «Sul Brenta si possono trovare delle scagliette, di forma piatta. Nella valle del Mis anche qualche pepitina. Niente a che vedere rispetto all'oro che si può trovare in Piemonte, portato a valle dagli affluenti del Po, la Dora Baltea, il Mincio, il Toce». Non si tratta di miniere, ma dei letti di corsi d'acqua che hanno trattenuto ciò che la montagna ha rilasciato nel trascorrere infinito del tempo. «Di California ora restano solo i ruderi, ma io mi sono concentrato proprio lì perchè esisteva quel precedente quasi dimenticato». Le case si raggiungono solo a piedi attraversando un ponticello, a qualche centinaio di metri da dove finisce la carrozzabile. Gli arbusti invadono tutto, per questo bisogna ripulire la zona, prima di mettersi al lavoro. 
Il moderno cercatore fa tesoro della lezione del tempo. «Si comincia dalla documentazione, dai libri e dalle vecchie mappe che indicano dove nel passato si sono concentrate le attività di ricerca. La seconda fase è quella dei sondaggi del terreno, per capire dove la corrente scorre più forte o dove, al contrario, può essere avvenuto un deposito d'oro perchè l'acqua è più calma». Ed è lì che ci si avventura, quasi sempre in autentici e impervi paradisi naturali, armati di setaccio, con maglie di un centimetro al massimo. Non siamo in Alaska dove si arriva fino a un centimetro e mezzo, perchè è maggiore la probabilità di trattenere grosse pepite. «Si toglie la ghiaia o la sabbia, si costruisce una canaletta di scolmo. Dopo aver setacciato il materiale, si usa il piatto del cercatore, dotato di scanalature per fermare i sassi più grossi». E' una specie di padella che viene manovrata con perizia per far depositare i residui sul fondo, con l'acqua che li dilava.
Non basta avere un buon occhio. «Ci vuole una pazienza infinita, ma le soddisfazioni non mancano a patto che qualche amministrazione comunale non decida di cementificare il Mis, come paventato da tempo» spiega Pontello. Che conclude: «Quando ci ritroviamo tra cercatori d'oro, in Italia o in Europa, ci facciamo delle grandi mangiate di fagioli e patate, come ai tempi del Far West. E ci raccontiamo le scoperte che abbiamo fatto». Niente a che vedere con la pepita da 50 grammi, la più grossa in Italia, trovata da Giuseppe Carenzi tra Piemonte e Val d'Aosta.
Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 08:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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