Cengia fatale per la nipote di Tinto Brass: «Mettete in sicurezza quel tratto da cui precipitò mia moglie»

Martedì 25 Aprile 2023 di Marco Dibona
Il Becco d'Aial così come appare dal sentiero in un punto in cui il bosco è meno fitto

È un tratto breve, pochi metri, ma rappresenta l’unico punto davvero pericoloso, nella salita alla cima del Becco d’Aial, lo sperone roccioso che si staglia nel bosco, alle pendici della Croda da Lago, a sud della conca d’Ampezzo. Fissare una corda d’acciaio alla roccia potrebbe ridurre il rischio di precipitare, per le persone che intendono raggiungere la sommità, dove ci sono i ruderi di una postazione italiana, costruita durante il primo conflitto mondiale.

Il luogo, assai panoramico ma impervio, è raggiunto da poche persone. 


LA PROPOSTA
A rilanciare la proposta di attrezzare il passaggio, in verità non nuova, è Damiano Lapiccirella, che utilizza lo spazio del gruppo “Gli amici di Cortina”, su Facebook. “Spero ci sia qualcuno in grado di ascoltarmi, capirmi e aiutarmi – esordisce il messaggio – nel giugno 2005 mia moglie è deceduta sul Becco d’Aial, scivolando in un breve tratto esposto e rovinando nel ghiaione a lato. Lasciava due bambine di 14 e 11 anni. Ho subito chiesto di attrezzare quel breve tratto, a mie spese e in sua memoria. La risposta fu negativa: mi dissero che, così facendo, avrei ferito la montagna». L’incidente del giugno 2005 coinvolse Alessandra Brass, 45 anni, veneziana di origine, residente a Firenze, nipote del regista Tinto Brass. La donna precipitò dal Becco d’Aial. A trovare il suo corpo, cento metri più in basso, addossato a un albero, furono due turisti australiani, che stavano percorrendo il sentiero Cai 431, che sale dal Lago d’Aial, dalla località Crosc del Macaron, verso la Croda da Lago e il rifugio Palmieri. 


SENZA TESTIMONI
La caduta non ebbe testimoni. La squadra del soccorso alpino dei Carabinieri e i sanitari del Suem 118 di Pieve di Cadore, che recuperarono il corpo, stabilirono che la donna precipitò dalla angusta cengia, larga qualche decina di centimetri, che rappresenta l’unica vera difficoltà, per raggiungere la cima del Becco d’Aial. In quell’occasione Paolo Bellodis, allora capo della stazione di Cortina del Cnsas, dichiarò: «Non è un sentiero per tutti. È impervio, esposto e difficile, soprattutto in alcuni tratti. Bisogna avere una buona preparazione e soprattutto essere consci delle difficoltà che ci sono da affrontare». Damiano Lapiccirella propone una valutazione tecnica: «Da appassionato di ferrate, anche estreme, ammetto che quei due metri sono molto esposti e a grande rischio. Lo sono tutt’oggi, per chi li percorre. Mi piacerebbe, per il ventennale della tragedia, riuscire a mettere in sicurezza questo passaggio, dedicato a mia moglie. Confermo la mia intenzione di coprire le spese». Infine l’appello: «Qualcuno può aiutare un non cortinese, ma che ha passato la vita tra quei boschi meravigliosi, con una figlia maestra di sci, che vive a Cortina, a lasciare un ricordo indelebile di Alessandra Brass, una vera appassionata di quelle montagne, alle quali ha dedicato tutto, anche la vita». Interpellato, interviene Luca Dapoz, il presidente del gruppo Guide alpine di Cortina: «Prendiamo in considerazione la richiesta. Non è un’operazione semplice: di certo mettiamo in programma un sopralluogo, per verificare la possibilità di fissare un cavo in quel punto, ma vanno tenute in conto molte variabili. Vedremo come fare». 


IL PRECEDENTE
Nell’estate 1986 una compagnia di giovani ampezzani, che per una ventina d’anni salì sul Becco, ogni estate, per allestire un falò, nella tradizione dei Foghe de ra Madona del 14 agosto, la notte della vigilia dell’Assunta, fissò un pezzo di corda da arrampicata, con alcuni chiodi infissi nella roccia, per rendere più agevole e sicuro il passaggio sulla cengia di tutta la compagnia, anche nel rientro notturno, per scendere a valle con il buio, terminata la festa. Quel materiale fu comunque rimosso nei giorni successivi. 

Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 08:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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