No vax, linea dura della casa di riposo: sospesi fino a quando non si vaccinano

Venerdì 5 Febbraio 2021 di Davide Piol
A Belluno messi in ferie alcuni operatori di case di riposo che non hanno voluto vaccinarsi
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BELLUNO «Non idoneo». Una lettera. Poche parole. Un messaggio preciso che suona più o meno in questo modo: «Se non ti vaccini, sei fuori». Fuori da dove? Dalla casa di riposo in cui lavori. E per quanto? Intanto, prenditi ferie. Finisci i permessi. Poi, si vedrà. La lettera è già arrivata a un numero ridotto di operatori socio-sanitari bellunesi che si sono rifiutati di eseguire il vaccino anti-covid. Ma non è detto che nei prossimi giorni altre strutture non seguano lo stesso esempio.

Le rsa sono passate all’attacco nell’unico modo possibile, appoggiandosi al decreto legge 81 del 2008: il Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

«TUTELARE GLI OSPITI»
L’obiettivo principale è tutelare gli anziani, ospiti delle rsa, e questo comporta il sacrificio temporaneo dei pochi no-vax. «È la strada maestra che la legge offre» commenta l’amministratore unico di Sersa, nonché consigliere Uripa (Unione regionale istituti per anziani), Paolo Santesso. No, gli oss che hanno ricevuto la lettera non lavorano nella casa di riposo di Cavarzano, dove comunque si contano 7 dipendenti contrari al vaccino, ma «ci sta che qualcuno l’abbia ricevuto». A decidere, in questi casi, è il medico competente che dispone la “non idoneità” alla mansione per coloro che non hanno voluto vaccinarsi. E che, quindi, rimangono a casa a bruciare ferie o permessi. Per quanto tempo? In teoria fino a quando l’emergenza non sarà terminata. Oppure quando decideranno di vaccinarsi. La prima via rischia di allungare, in modo spropositato, i tempi di rientro al lavoro. La seconda è una scorciatoia che molti sceglieranno pur di non perdere il posto.

IL NODO
L’amministratore di Sersa pone però una questione. La decisione della rsa di lasciare a casa il lavoratore, si fonda sulla sicurezza dei suoi colleghi che deve essere garantita. «In realtà – spiega Santesso – la preoccupazione principale è di tutelare gli anziani fragili. Arrivare a questo obiettivo facendo il giro dalla tutela del lavoratore (che non vuole vaccinarsi, ndr), cioè la vera minaccia, è un modo legittimo e probabilmente solido ma che gioca di sponda». La legge, però, non permette di fare altro. Il vaccino è su base volontaria: «Vorrei poter avere una normativa che non mi costringa a fare questo. Per ora, secondo me, bisogna cercare di percorrere la strada del dialogo e del confronto. Se non si otterranno risultati, ci si guarderà intorno». Le case di riposo bellunesi stanno procedendo ognuna per conto proprio. L’ufficialità delle posizioni dei dipendenti, in merito al vaccino, è arrivata negli ultimi giorni e non c’è stato tempo per un confronto generale. Ma non è escluso che anche altre rsa cominceranno a inviare lettere ai lavoratori no-vax. Il numero preciso dei dipendenti contrari manca.

L’INCOGNITA
«Stiamo cercando di estrapolarlo – fa sapere il direttore del distretto Sandro De Col – Quello che abbiamo, però, è un dato sporco. Cioè contiene anche le persone che vogliono vaccinarsi ma che non hanno potuto farlo perché in turno, ammalate o via per lavoro. Non ci sono solo i no-vax». De Col assicura comunque che sono pochi i dipendenti delle rsa che non hanno eseguito il vaccino: «La maggior parte l’ha fatto senza problemi. In questi giorni, inoltre, concluderemo il giro di seconde dosi a ospiti e dipendenti delle case di riposo». L’Usl 1 Dolomiti ha somministrato 12.027 dosi di vaccino anti-covid: 5.174 persone hanno già completato il ciclo vaccinale, mentre 6.848 sono in attesa del secondo appuntamento.

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