Budel, il guardiano delle vette che vive in solitudine sulla Marmolada

Mercoledì 30 Giugno 2021 di Raffaella Gabrieli
Carlo Budel

FELTRE - Quando l'amore incondizionato per la montagna si sposa con la purezza d'animo, il risultato finale ha per nome Carlo Budel, il feltrino 47enne che da quattro anni è la sentinella delle Dolomiti.

Sì perché dal 2018 a questa parte gestisce il rifugio più alto in quota delle cime rosa, il luogo raggiungibile solo dai più esperti e dove è nata l'idea del libro Le montagne che vivo da qualche giorno in libreria. Un volume prettamente fotografico che ripercorre le esperienze dell'ex operaio della Cartiera di Santa Giustina Bellunese sia in termini alpinistici quanto in quelli più emotivi e intimistici. «Salire in vetta - dice Budel, re dei social network - è stata per me fonte di redenzione e tuttora mi riconcilia con il mondo»


SUL TETTO DELLE DOLOMITI
Quante persone possono dire di aver trascorso trecento giorni in cima a una montagna, lontano da tutto e da tutti, spesso in solitudine e in balia del meteo avverso oppure sotto un mare di stelle? «Io l'ho fatto - afferma Budel - nelle mie prime tre stagioni di lavoro a Punta Penia, come gestore della Capanna sulla vetta della Marmolada, la Regina delle Dolomiti, a 3.343 metri di altitudine. È qualcosa che non avrei mai immaginato. Un dono offertomi dal proprietario, Aurelio Soraruf, che non ringrazierò mai abbastanza per avermi dato fiducia in un momento molto duro della mia vita: l'uscita dall'alcolismo, una salita ardua e faticosa. Ma ce l'ho fatta. Io sono la testimonianza che ricominciare è possibile, anche se ci si sente annientati dentro».
Per Budel la via di fuga è stata la montagna. E quindi la gestione della Capanna ma prima tante altre mete le cui immagini sono state raccolte nel libro Le montagne che vivo edito da Ediciclo di Portogruaro e stampato da Grafiche Antiga di Crocetta del Montello. E quindi, solo per citarne alcuni, ecco apparire i monti Pelmo, Antelao, Moiazza, Agner, Civetta, Piz Boè, Sorapiss per non parlare delle Vette Feltrine, percorse interamente più e più volte. Tanti gli scatti dello stesso Budel ma un contributo importante lo hanno dato anche i fotografi Luca Bellus, Bruno De Martin, Andrea Frattini e Mattia Rizzi.


IL PERSONAGGIO
Carlo Budel è nato a Feltre (Belluno) nel 1973. È cresciuto tra il Bellunese e il Trentino e oggi vive a San Gregorio nelle Alpi, nella casa che fu dei nonni materni. Dopo il militare, ha lavorato in fabbrica per oltre vent'anni, finché un giorno ha deciso di mollare tutto, di cambiare vita. Si è voltato verso la montagna e si è lanciato a capofitto in una nuova avventura, fino a diventare il gestore della Capanna Punta Penìa. Budel è scoppiato come fenomeno social da quando ha iniziato a raccontare la sua vita come custode della Capanna Punta Penia, area trentina al confine con quella bellunese di Rocca Pietore. Il suo raccontare in modo sincero e diretto ha conquistato gli amanti delle cime. Il suo profilo Instagram è seguito da più di 30mila follower e i suoi post di Facebook raggiungono spesso le migliaia di Mi piace. Il suo primo libro La sentinella delle Dolomiti è stato un successo, nonostante egli si sia concesso molto poco in incontri pubblici. E ora tocca a Le montagne che vivo. «È un racconto per immagini della vita de la sentinella delle Alpi - afferma Vittorio Anastasia, amministratore di Ediciclo - che anni fa si è licenziato dal lavoro in catena di montaggio per abbracciare le montagne e diventare il custode di Punta Penia. Nel volume, che raccoglie i suoi migliori scatti commentati, trovano posto le cime dove Carlo va a camminare sulle Dolomiti Bellunesi, vicino a casa. Si susseguono così varie immagini: della Capanna che in estate custodisce in solitudine e con amore; dei piccoli lavori domestici che la vita in montagna richiede; di orizzonti sterminati, albe incantate e tramonti infuocati; dei suoi amici animali come il cane lupo Paris, compagna di mille escursioni e la cornacchia Carlo Gracchio, con cui condivide simpatiche chiacchierate sulla Marmolada. E infine, come un piccolo bonus extra, la ricetta del suo leggendario strudel d'altura».


IL LIBRO
«Nel primo capitolo - spiega Budel - ci sono le istantanee del periodo in cui la montagna mi ha salvato. Ogni giorno, per diversi mesi, con il caldo o il freddo, la pioggia o il sole, affrontavo un dislivello minimo di mille metri, di solito a piedi ma anche in bicicletta. La seconda parte è un omaggio a Paris che è molto più che un animale. È parte della famiglia ed è la mia migliore amica. Ci sono poi le foto di alcuni bivacchi e rifugi a cui sono più legato. Chi va in montagna sa quanto sia importante sapere che ci sono posti in cui trovare riparo in caso di necessità. C'è poi l'area San Gregorio nelle Alpi, casa mia: è qui che si trova il monte Pizzocco, il primo che ho salito da bambino e che ancora oggi mi emoziona percorrere. La scelta più ardua è stata quella delle immagini da inserire nel capitolo Marmolada perché qualsiasi foto, presa da lassù, mostra un panorama unico e irripetibile, che varia al mutare della luce. Ogni istante appare più bello dell'altro. Un ringraziamento particolare va ai gruppi social Dolomitici! e Vivere la montagna che ospitano spesso i miei scatti e hanno dato spazio ai miei scritti nelle loro pagine»1.
 

Ultimo aggiornamento: 1 Luglio, 09:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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