Positivo al Covid Gazzi, calciatore bellunese ex Torino: il racconto della quarantena sul blog personale

Domenica 2 Maggio 2021 di Maurizio Ferin
Un tackle di Alessandro Gazzi contro Alvaro Morata in un derby Torino-Juventus

C’è anche il nome di Alessandro Gazzi tra gli otto calciatori dell’Alessandria trovati positivi al Covid. Un vero e proprio focolaio nel club piemontese del girone A di serie C, dove fino a una settimana fa ha conteso primo posto e promozione in B al Como, perdendo però il confronto diretto. Il centrocampista bellunese, nato a Feltre nel 1983, originario della frazione di Sartena, a Santa Giustina, è il capitano dell’Alessandria, anche se spesso in questa stagione (la quarta con i Grigi) è partito dalla panchina. Il 38enne centrocampista dai capelli rossi ha avuto una carriera ricca di soddisfazioni: la Lazio lo prelevò dal Treviso che a sua volta lo aveva pescato nel settore giovanile del Montebelluna, dov’era approdato dopo essere cresciuto nella Plavis. Dalla Primavera capitolina il passaggio al Viterbo e poi Bari, Reggina, ancora Bari, Siena, le lunghe stagioni al Torino con cui ha giocato anche in Coppa Uefa (104 presenze e 3 reti in granata), la tappa siciliana a Palermo prima di questa piemontese all’Alessandria. Tra i suoi allenatori, anche Antonio Conte (ormai pronto a festeggiare lo scudetto con l’Inter) e Gian Piero Ventura, entrambi poi arrivati alla guida della nazionale.
FUORI DAL CAMPO
Ma oltre che per le gesta sul campo, Gazzi si è spesso segnalato per gli interessi extra calcistici. Gli studi al Dams, la passione per la musica alternativa, l’amore per il cinema e soprattutto la crescente voglia di raccontarsi, di scrivere. Dal 2016 cura un proprio blog, forse la sezione più interessante del suo sito alessandrogazzi.it in cui comunque non mancano recensioni, rassegna stampa e altro ancora. Un suo racconto (“Dieci minuti”) è entrato nella raccolta “Per rabbia o per amore”.
L’ESIGENZA DI SCRIVERE
Non stupisce quindi che Gazzi abbia sentito l’esigenza di raccontare il primo giorno di quarantena, confinato in una delle stanze della casa in cui vive con la moglie Deborah e le figlie Camilla, Nicole ed Emily.
ISOLATO DALLA FAMIGLIA
«Sono le ore 20.02 del 1 maggio 2020. Sto ascoltando “Sludgefeast” dei Dinosaur jr, la terza traccia di “You’re living all over me”, album datato 1987. Seduto sul divano letto dello studio, isolato dal resto della famiglia, scrivo le “memorie” del primo giorno di quarantena dopo essere risultato positivo - inizia così il “diario” di Gazzi -. Il Covid è arrivato prima del vaccino: ieri sera all’ora di cena, mentre mi accanivo sulle alette di pollo cucinate da mia moglie, è bastato vedere sul mio smartwatch il numero del medico della squadra. Avevo già capito. Finché sono messaggi tutto bene. Se il dottore chiama, la conclusione è solo una e inequivocabile. Infatti, rispondendo al medico ho esordito con un “Ok dottore, come mi devo comportare?”. Peccato, avevo sperato di raggiungere la cura prima che la malattia si arrampicasse sul mio sistema immunitario, ma non è andata così. Me ne farò una ragione».
MEGLIO L’AUTOIRONIA
Nessuna drammatizzazione, un pizzoco di autoironia
(«eccomi qui, ancora con la mascherina addosso non so nemmeno per quale motivo dato che sono chiuso da almeno venti minuti nello studio»), il senso di straniamento, senza comunque nascondere anche alcuni segnali precisi di malessere. «Svegliandomi non avevo grossi sintomi: un leggerissimo mal di gola, naso tappato. Emicrania, credo dovuta per altri motivi» e ancora «Devo dire che tutto sommato, la prima giornata… è andata. Sono le 21.55 e inizio a essere stanco. Il mal di gola è lievemente aumentato, ho colpi di tosse, credo nella norma, fra poco videochiamo con le mie donne. Il mal di testa è persistente, ma sopportabile». «Domani faremo i molecolari e dopo l’esito si stabiliranno meglio cure e tempistiche per il controllo successivo - racconta ancora Gazzi -. A Emily ho detto che quando farà il tampone avrà la possibilità di scegliere tra due gusti, limone e fragola. Il mio è alla liquirizia. E’ giunto il momento di sistemare il materassino in modalità notte».
NONNO MELCHIORRE
Tra citazioni di ogni genere, musicali e letterarie, da Wittgenstein («Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere») a Camus, non trascurando vecchie passioni da tifoso rossonero, quan’era bambino (e quindi la rilettura di “Paolo Maldini 1041”, libro di Diego Guido), non manca un forte ricordo famigliare. «Passeggiando per diversi minuti (forse anche mezz’ora) nei pochi metri quadri a disposizione, ho avuto modo di ragionare, al di là di tutte le problematiche riguardanti la salute della mia famiglia, su alcune questioni... motivazioni e stati d’animo. Autocontrollo. La ripresa degli allenamenti e le sedute individuali che cercherò di svolgere in salotto. La situazione pandemica in Italia, i virologi sempre in televisione, i morti. I carcerati. Nessuno di questi argomenti ha toccato vertici di pensiero assoluti, ci mancherebbe. Però, d’un tratto, ho pensato a quando vidi per l’ultima volta mio nonno Melchiorre, nel maggio del 2010, sdraiato sul letto nella casa di cura che lo aveva ospitato nei suoi ultimi giorni. Quando mi vide, assieme a Camilla e Nicole ancora piccole e con Deborah al mio fianco, si era ridestato momentaneamente dal dolore. Si mise seduto: sembrava avesse fatto uno sforzo ultraterreno. E poi, biascicando con le forze che gli rimanevano, voce rauca, mi chiese: “E Kamata?». Nostalgia e sorrisi, ripensando al nonno che non aveva perso, fino alla fine, la curiosità per la carriera del nipote. Fino al punto di chiedere informazioni sul giocatore francese, ex compagno di squadra di Alessandro al Bari.
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