Effetto Brexit, nel bellunese in un anno persi 15 milioni di euro di export

Giovedì 30 Gennaio 2020 di Andrea Zambenedetti
L'effetto Brexit costa 15 milioni di euro

Dalla mezzanotte del 31 gennaio 2020 Brexit sarà realtà. Su cosa succederà durante il periodo di transizione, fino al 31 dicembre, e soprattutto su cosa succederà dopo pesa un’enorme incognita. Ma per capire il futuro può essere utile guardare al passato. Studiare quello che gli analisti definiscono “l’effetto Brexit” cioè come il mondo economico e finanziario si è preparato all’epocale divorzio. I numeri, declinati in salsa Bellunese, sono impressionanti.
L’ULTIMO ANNO
Il confronto basato su 12 mesi (ottobre 2017- settembre 2018 e ottobre 2018-settembre 2019) dice che l’export bellunese verso la Gran Bretagna si è già contratto di quasi 15milioni di euro (14.437.452). I dati, elaborati dall’ufficio studi di Confartigianato imprese Veneto, su base Istat, dicono che a pagare il prezzo più caro è stato il settore degli occhiali (delle “armature” per usare la terminologia appropriata). Stanghette e montature sono passate da un export verso la Gran Bretagna di 195milioni di euro ai 184 dei dodici mesi compresi tra ottobre 2018 e settembre 2019. Una perdita secca, per la sola provincia di Belluno, di undici milioni di euro. Il sei per cento, se si limita il confronto al settore, ma è chiaro che l’analisi in termini assoluti ha un peso enorme per l’economia locale. Anche il settore dei macchinari ha pagato a caro prezzo l’effetto Brexit: gli altri quattro milioni di euro “bruciati” nel Bellunese vanno ricercati proprio in quella categoria il cui export verso gli UK è passato da 30 milioni a 26 milioni di euro.
GUARDANDO NEL DETTAGLIO
Se si scava tra i numeri del report si scopre che l’export verso la Gran Bretagna di prodotti alimentari è cresciuto di oltre due milioni di euro, con un incremento del 64 per cento (da 3,5 milioni è passato a 5,8 miloni). Il segnale che agli inglesi i cibi made in Belluno piacciono sempre di più. Un settore in crescita, è facile pronosticare, ma sul quale Brexit potrebbe avere un impatto (anche se limitato in termini economici assoluti) estremamente rilevante per le ricadute sul territorio. Un altro settore in cui si registra un sensibile aumento di scambi da Belluno alla Gran Bretagna è quello del legno (mobili esclusi). Il comparto esportava Oltremanica 1,2milioni di euro di materie prime è salito a 2,3milioni. Sarà stato l’effetto Vaia? Molto probabile. Ma anche in questo caso le incognite sul futuro hanno un peso elevato. Soprattutto se si tiene presente quanto legname c’è ancora a terra.
LA VALUTAZIONE
«Adesso arrivano nero su bianco e concretamente i risvolti che l’economia globale ha sulle nostre piccole realtà - spiega Claudia Scarzanella, numero uno di Confartigianato Belluno - spesso facciamo fatica a proiettare localmente le decisioni internazionali. Invece le scelte di un singolo Paese hanno ripercussioni sull’economia di tutti. Chi era convinto che questa provincia fosse un’isola felice oggi viene smentito».
LA LEZIONE
«Questo - prosegue Scarzanella - è un monito. Per scelte così importanti ogni Paese deve stare molto attento. Il proprio destino è strettamente legato a quello degli altri. Questi sono numeri che abbiamo già subito. La mission di ogni imprenditore è quella di essere flessibile. Le imprese erano preparate all’impatto. Ho fiducia che nonostante la difficoltà si aprano altri mercati. È chiaro che non è facile ma dobbiamo provarci».
IL REPORT
Nel 2019 sono state 766 le imprese nate in provincia di Belluno. Ma 106 in più sono state quelle che hanno chiuso i battenti: 872 in totale. Un calo pari allo 0,6 per cento. Se i timori Brexit abbiano avuto un impatto così diretto per ora è impossibile stabilirlo.
COSÌ A NORDEST
Il dato di Belluno è il peggiore del Veneto. A Nordest le cose sono andate peggio solo a Gorizia (dove il saldo è negativo di quasi duecento imprese) e a Udine. A Rovigo il calo è stato solo dello 0,52 per cento, a Vicenza il saldo è negativo dello 0,1 come a Treviso. A Verona e a Padova c’è stata invece una crescita (rispettivamente di 150 e 385 imprese). Ma guardando ai vicini di casa si scopre che a Trento a fronte di 2810 chiusure ci sono state 2814 nuove aperture. Un saldo positivo di quattro unità, con un mercato decisamente dinamico. E Bolzano mette a segno la migliore performance del Paese. Se 2785 attività hanno chiuso i battenti 3785 li hanno aperti. Un saldo positivo di mille imprese in più rispetto al 2018. Numeri che confermano come oltre il San Pellegrino e oltre Cimabanche la situazione sia radicalmente diversa.
L’ARTIGIANATO
Analizzando le sole chiusure e aperture delle imprese artigiane si scopre che il calo è stato di 52 unità, pari all’1,58 per cento. Insomma una su due, tra le imprese perse, appartiene al settore dell’artigianato. L’analisi di Unioncamere colloca Bolzano al secondo posto su scala nazionale delle mille nuove imprese 238 appartengono al settore dell’artigianato. Una fotografia che diventa imprescindibile per i ragionamenti che oggi finiranno sul tavolo del ministro Francesco Boccia nel corso degli Stati generali della Montagna. 
IL QUADRO
In provincia di Belluno erano 15mila 390 le imprese registrate a fine 2018. A livello provinciale, quanto a longevità delle imprese, Belluno batte tutte le altre province della regione con 15,2 anni di durata media delle imprese. Una medaglia dalle due facce. Il dato più allarmante arriva tuttavia sul fronte della “sostenibilità ambientale”. Per quanto riguarda le imprese green una provincia montana come Belluno ha sicuramente ampi margini di miglioramento. Solo il 31,9 per cento ha investito in tecnologie o prodotti verdi: 1510 imprese in totale.
 

Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 08:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci