Gli scritti di Maicol contro il suo stalker: commozione in aula

Martedì 21 Maggio 2019
Maicol nelle foto di Bruno Megarese
Maicol Zanella non c'è più ormai da più di 3 anni (trovata morta in casa per cause naturali), ma, per lei, ieri in aula, hanno parlato i suoi manoscritti. Lettere al suo presunto stalker o semplici appunti in cui la ragazza, che sarebbe stata perseguitata per anni dal suo datore di lavoro, si sfogava. «Mi hai detto "metto una bomba ai tuoi genitori"», scriveva. I fogli erano in un plico sigillato, corpo di reato, nel processo che si sta celebrando a Belluno. Le parole di Maicol (parte offesa purtroppo deceduta) sono state acquisite nel procedimento per i presunti atti persecutori che la giovane avrebbe subito: parti civili, con l'avvocato Martino Fogliato, sono i suoi genitori.

Alla sbarra per stalking Renato Carpene, 53 anni, di Sedico, con studio odontotecnico a Trichiana (avv. Monica Barzon) e Claudio Pietrobon, 59, di Castelfranco (Tv) detenuto a Padova (avv.ti Erminio e Valentina Mazzucco). Sono chiamati a rispondere di 9 capi di imputazione per fatti dal novembre 2014 a gennaio 2016. Sono coimputati per l'esplosione dei 3 colpi di arma da fuoco contro un'auto a Villa di Villa di Mel, nella notte del 29 dicembre 2014 (minacce e danneggiamenti per entrambi, porto d'arma e falso per Pietrobon, stalking per Carpene). Gli accertamenti svolti dagli investigatori nell'operazione denominata Claudiano (dal nome del finto tronista che ricorda Pietrobon) sono stati ripercorsi dal comandante del Norm di Feltre, Alberto Cominelli. Una testimonianza fiume di 2 ore e mezza in cui ha spiegato come sono arrivati alla coppia Carpene-Pietrobon. A incastrarli un cellulare intestato a un dentista romano ignaro di tutto, Daniele Santarelli, da cui partivano le telefonate persecutorie.

«Maicol temeva per la sua vita», ha detto Cominelli ieri in aula. Tanto che pochi giorni prima di morire accese una polizza sulla vita per 32mila euro, pagando interamente il premio. Sentito ieri anche il proprietario della casa presa in affitto dal finto Daniele Santarelli, alias Pietrobon, a San Gregorio nelle Alpi. Nel 2016 il 59enne partì ufficialmente per «una operazione alla spalla da fare in Montenegro». In realtà venne fermato in Albania con 21mila euro in contanti e una pistola, probabilmente la stessa che avrebbe usato per sparare a Mel sull'auto di Roberto Tessaro. Lì venne condannato a 10 anni per traffico di armi, poi ridotti a 7 e finì in un carcere. Alla fine le autorità albanesi acconsentirono al suo ritorno in Italia, ma non restituirono mai, nonostante le richieste del pm Roberta Gallego, la pistola, che sarebbe stata utile alle indagini.
Ultimo aggiornamento: 12:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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