Vinigo, quel borgo di montagna con l'anima che arriva fino a Cortina

Venerdì 25 Giugno 2021 di Enzo Bozza
Vinigo, quel borgo di montagna con l'anima che arriva fino a Cortina

VODO DI CADORE (BELLUNO) - Una casa non è solo quattro mura e un uscio, sono anche le vie che conducono ad essa, le case vicine, la piazza, gli alberi che vedi dalla finestra, l'amico che incontri a pochi isolati o il bar dove vi fermate a chiacchierare con lui. E i borghi di montagna rispondono a una necessità vitale: unire le forze dei focolari per vincere il freddo, la neve, la fatica.

Un borgo di montagna racconta la sua gente e la definisce: se vogliamo interpretare il silenzio di queste cime e la magia di questi boschi dobbiamo imparare un linguaggio nuovo, leggendolo sui muri di queste case e nel legno che le ricopre.


L'ARRIVO
Vinigo si raggiunge dalla Statale 51, da un incrocio all'altezza di Peaio, prima di Vodo di Cadore, venendo da Pieve. Percorriamo un chilometro in salita lungo la riva piccola e dopo due curve a gomito si apre la riva granda, oltrepassiamo il capitello della Madonna della Salute e vediamo l'ingresso del paese, segnato da una vecchissima cabina elettrica dell'Enel. Il cartello indica Vinigo o Vinego, perché paes ladin, una lingua e una cultura antichissima di tradizione romanza. Nel dialetto vinighese due strutture commiste: la lingua dei veneti e quella ladina, ci dice che le origini di questo borgo sono anteriori al medioevo, la sua storia demografica e i documenti storici indicano un grande peso economico politico di questo borgo.


I TEMPI D'ORO
Le proprietà della Regola Vinighese si estendeva fino alla Val Travenanzes di Cortina in Ampezzo. La chiesa di Ospitale al confine con la Pusteria è stata costruita su proprietà della Regola Vinighese con un atto di donazione alla regola ampezzana datata 1220. Nessuna riconoscenza da parte degli ampezzani perché intorno al 1400, in seguito al rapimento di alcuni regolieri vinighesi nei pressi di Carbonin intenti al pascolo delle loro bestie, da parte di Massimiliano d'Austria, i prigionieri furono consegnati alla Regola di Cortina d'Ampezzo che pretese un riscatto da Vinigo talmente alto che i regolieri vinighesi dovettero cedere la Val Travenanzes in cambio dei loro cari. Da allora questa valle è ancora nota come quella della vergogna: una macchia indelebile nella storia di Cortina, ricordata malvolentieri dagli ampezzani. Un paese con oltre 1000 abitanti in passato (nel 1700), non poteva non raccogliere i suoi fuochi (famiglie) nella più straordinaria forma di autogoverno della montagna: La Regola, istituzione antichissima presieduta dal Marigo, eletto dai capifamiglia autoctoni che amministrava l'uso del bosco e dei pascoli come proprietà inalienabile di tutti, per fornire a tutte le famiglie di che vivere.

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I DUE TRAMONTI
Le case di Vinigo sono disposte su un pianoro tra l'Antelao e il Monte Rite, guardano quasi tutte verso sud ovest, lungo la maggiore esposizione al sole, ne seguono il cammino diurno e a marzo tramonta due volte dietro il Monte Rite: la montagna dei due tramonti. In questa parte della Valboite, l'Antelao e il Monte Rite sono nel punto più vicino, creano quella stretta gola nota come la Chiusa di Venas, un punto strategico di sbarramento per gli eserciti invasori austriaci e francesi: un cippo stradale lo ricorda con la scritta in queste rocce validamente difese, la baldanza nemica si infranse. Gli incendi, da queste parti, non sono infrequenti: tanto legno e tante cucine a legna sono una costante insidia ben conosciuta ed un incendio, quello del Natale del 1940, distrusse la parte centrale del paese, quella dove adesso ci sono orti rigogliosi coltivati con rinomati cappucci di grande fama.


LA GRANDE BELLEZZA
La singolare bellezza di Vinigo è possibile ammirarla con una suggestiva passeggiata da queste parti, la storia e le vicende di questo magico borgo di montagna si trovano nelle pagine di due libri dedicati: Vinego, paes ladin di Mariateresa Sivieri e Vinigo nel 900 di Marilena Marchioni e Tiziana Pivirotto. Al di là di ogni semplicistica ovvietà sulla bellezza e incanto di questo borgo tanto decantata da ogni turista, rimane l'autentica natura di queste vie e di queste case in mezzo al bosco tra due giganti di roccia: la sua storia radicata nel volto e nell'anima dei vinighesi, nel silenzio garbato e discreto di questa gente educata dal ghiaccio, dalla crudeltà dell'inverno e dal severo monito di queste altissime cime. Qui a Vinigo, ogni sfida alla montagna richiede onestà e coraggio, ogni supponenza costa cara. Vivo a Vinigo da più di venti anni, ormai e ogni giorno imparo una parola nuova scritta sui suoi muri, un'ombra antica tra i suoi tabià, e antichi percorsi dei suoi cervi sul colle. Questo borgo ha l'anima dei suoi cento gatti che incontri per strada: un silenzio antico negli occhi, quello della maestosa semplicità del rispetto. Nessuna sciocchezza può arrivare in cima all'Antelao, solo silenzio. Su questo aspetto, la testimonianza di una signora di Vinigo, lontana dal suo paese, perché gelatiera in Olanda: «Me mancia la me crodes, cesa mia. La pas l'è tanto granda, che se sente la Madona che strasigna la zavates, canche la camina...».

Ultimo aggiornamento: 11:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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