Borghi fantasma, la montagna si spopola e il Bellunese sogna un progetto come a Recoaro

Mercoledì 18 Maggio 2022 di Federica Fant
Stracadon, frazione di Chies
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BELLUNO - Nel Bellunese sono molti i borghi che rischiano di scomparire: non vi abita quasi più nessuno perché mancano i servizi, le strade per raggiungerli sono inadeguate. Paesi che stanno sparendo sotto uno strato di incuria, rovi e il tempo che passa.

Spopolati per necessità umana o cause naturali, si trovano in quota anche solo a 500-600 metri. Raccontano storie che si sono fermate agli anni Sessanta.

I FANTASMI
A Fumegai di Arsiè (con nessun abitante) sembra che il tempo si sia fermato, tra i giornali di allora e i mobili lasciati nelle case. A Stracadon in Comune di Chies d'Alpago oltre mezzo secolo fa abitavano ancora cinque famiglie in sei o sette case di pietra, 36 anime in tutto: quando il mulino ha chiuso il borgo si è spopolato. Funes, sempre a Chies, che venne evacuato a causa della frana, conta zero abitanti. E salendo di quota Albe e Vallier in Comune di Rocca Pietore separati da una valle, ma uniti da un breve sentiero lungo il quale sorge un vecchio mulino un tempo utilizzato dagli abitanti di entrambi i borghi: ora non c'è più nessuno. Pradisopra in Comune di Cencenighe, dove i suggestivi scatti di chi ci arriva raccontano la natura che si sta rimpossessando degli spazi che un tempo erano case. Poi California, a Gosaldo, che con l'alluvione del 1966 è diventata un borgo fantasma. E quelli che resistono: Bellati a Lamon che conta due abitanti, Damos a Pieve di Cadore, con una sola azienda agricola ed un abitante.

LO SPOPOLAMENTO
«La situazione dello spopolamento del Bellunese non è nuova - ricorda il presidente della Provincia, Roberto Padrin -: non la scopriamo oggi e i dati demografici continuano a essere drammatici. Nel 2008 avevamo più di 211mila abitanti, dieci anni fa nel 2012 eravamo a quota 208mila, mentre adesso, dieci anni dopo, siamo scesi sotto i 199mila (anche per il passaggio di Sappada in Friuli Venezia Giulia). In questo quadro, fatto di minori nascite, ma anche minori arrivi da fuori provincia e dall'estero, si inserisce lo spopolamento dei borghi». Numeri che parlano da soli. «È inevitabile: una provincia che perde abitanti, non potrà che avere borghi che si spopolano. E il fenomeno è più forte e visibile in montagna e nelle frazioni. Il primo spopolamento, infatti, seguendo una dinamica che va avanti da anni, è stato lo scivolamento a valle: i residenti delle zone montane si sono spostati nei centri di vallata e in Valbelluna in particolare. Adesso si assiste anche ad uno spostamento fuori provincia. Tra scarse nascite e morti raddoppiate, perdiamo circa mille residenti l'anno».

LA CARENZA DI SERVIZI
Dove sta il problema? «Credo sia una questione che va analizzata su due fronti. Il primo, il più complicato - prosegue Padrin -, è quello della carenza di servizi. Un territorio si spopola perché non offre servizi. Le migrazioni seguono la comodità e i servizi rappresentano la comodità. Qualche anno fa, con l'ufficio statistica della Provincia, avevamo analizzato la situazione servizi essenziali. Ebbene, emergeva che diversi Comuni non avevano contemporaneamente una farmacia, uno sportello postale, una banca e un negozio di alimentari. Erano 12 i Comuni senza farmacia, 25 quelli senza banca e 3 quelli senza alimentari».
Come Provincia, anche in collaborazione con il Fondo Comuni confinanti, «abbiamo messo in atto diverse misure per portare servizi in queste zone: nella cosiddetta manovra Covid di un anno fa abbiamo messo in campo oltre 10 milioni di euro per i servizi di telemedicina, per i negozi di vicinato e per altre misure». L'altro fronte su cui è necessario analizzare il problema «è quello narrativo - ancora il presidente -: la montagna è perdente nell'immagine che offre all'esterno. E lo è nella dimensione reale di essere territorio soggetto al rischio idrogeologico, territorio morfologicamente complesso dalle distanze lunghe e dalle pendenze elevate».

EFFETTO PANDEMIA
Da qui la necessità di svelare un altro risvolto, «quello della salubrità e della tranquillità, che è salito alla ribalta durante la pandemia. Più di qualcuno, dopo i mesi del lockdown, ha deciso di cambiare vita e di vivere in montagna: numeri ancora troppo piccoli per invertire la tendenza dello spopolamento. Ma dobbiamo lavorare su questi due fronti. E spingere perché la logica del mercato cambi. Se la montagna si spopola, le conseguenze si avvertiranno anche in pianura». L'onorevole Dario Bond pensa a Recoaro, al progetto pilota regionale della rigenerazione culturale, sociale ed economica: «Sogno un progetto provinciale che vada a sensibilizzare i servizi di prossimità. Questo potrebbe esser realizzato con un bando del Pnrr e che quindi sblocchi lo spopolamento».

Ultimo aggiornamento: 14:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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