Bici elettriche, l'ultimo assalto alla montagna e incidenti a raffica. Soccorritori: «Superato ogni limite»

E-bike diventata la seconda causa degli incidenti in alta quota. Impreparazione e mancanza di esperienza alla base dei sinistri. Fabio Rufus Bristot: «Interventi triplicati». Velocità, difficoltà di gestire il mezzo in discesa, percorsi sempre più impegnativi "tanto c'è l'aiutino e qualcuno semmai mi viene a prendere"

Mercoledì 2 Novembre 2022 di Simone Tramontin
Bici elettriche in montagna, un assalto. Nella foto colonnine per la ricarica
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BELLUNO - Ultimi assalti alla montagna. Su gomma, però. In quota impazzano le bici. Quelle elettriche: sulle strade e i sentieri dolomitici un vero e proprio serpentone di amanti delle due ruote elettrificate. Negli ultimi giorni, ancor più del solito: con un meteo così favorevole, impossibile stupirsi che molti turisti abbiano deciso di regalarsi un ultimo giro in montagna. A stupire, piuttosto, è che la bici elettrica stia diventando la nuova frontiera della mobilità in montagna. Pericolosa, purtroppo: in sella, il più delle volte, pseudo-campioni che si riscoprono d'improvviso atleti iridati. Il grido d'allarme arriva dritto dal Soccorso Alpino: l'e-bike è ormai una delle cause d'incidente più frequente. C'era una volta il turista incauto, insomma. Ora veste i panni del Pantani d'alta quota.

Ma elettrificato.

TUTTI IN SELLA
Il desiderio di mobilità sostenibile qui c'entra davvero poco: la bici elettrica sta diventando, piuttosto, una moda. Basta guardare i dati sulla crescita del mercato delle due ruote per convincersi. Tutti vogliono una bici elettrica, insomma. E non ci sarebbe nulla di male, se non ci fosse anche il rovescio della medaglia: un pubblico così variegato e ampio da includere, all'improvviso, anche chi una bici, nella propria vita, non l'ha mai usata nemmeno per muoversi sotto casa. Con l'elettricità, cade il senso del limite. Cresce, di contro, il desiderio di affrontare percorsi sempre più impegnativi che, con le sole proprie forze, non si sarebbero mai presi in considerazione. Mete più lontane. Percorsi più lunghi e articolati. Scalate prima impensabili. Nessun allenamento, ovviamente: tanto c'è l'aiutino. Il risultato è che in molti finiscono nei guai.

L'ESPERTO
«È incredibile: negli ultimi due anni la bici elettrica è diventata la seconda causa di incidente in montagna. Fino a qualche anno fa era solo all'undicesimo posto». A spiegare la gravità del fenomeno è Fabio Rufus Bristot, della direzione nazionale del Soccorso Alpino: «In tutta Italia dieci anni fa gli incidenti in sella a una bici, in montagna, sono stati 282. L'anno scorso e quest'anno risultano invece più che triplicati. Ad oggi, nel 2022, sono oltre 800. Dai 233 feriti del 2012 siamo ai quasi 670 di quest'anno. I morti, quasi sei volte tanto: in dieci mesi sono già 17». Tra le Dolomiti bellunesi, quest'anno, 47 soccorsi. Velocità, difficoltà di controllare il mezzo in discesa, scelta di percorsi azzardati tra le cause. Casi a volte clamorosi, come nell'ultimo intervento di Bristot, con il gruppo della direzione nazionale Cnsas: un ciclista schiantatosi contro un albero per evitare un salto nel vuoto di oltre 15 metri. Il problema non è tanto la bici, quanto chi sale in sella: l'analisi di Bristot punta il dito contro l'impreparazione di chi sportivo non è.

LE ABITUDINI
«Stanno aumentando e stanno cambiando le categorie di chi va in montagna. È ormai un fenomeno di massa: bene per il Pil, ma non certo per noi del Soccorso Alpino. Con un pubblico più ampio, si è modificato il livello di preparazione: nessuna conoscenza dei pericoli; difficoltà a reggere situazioni di stress per eventi banali come l'arrivo della pioggia o la perdita di un sentiero in zone di alto passaggio». Tradotto: se si abbassa l'asticella nella preparazione dell'escursionista, si alza per i soccorritori. «Manca la cultura dell'andare in montagna. Ormai si chiama il 118 anche per stanchezza, quando basterebbe riposare un po'. Di recente, abbiamo aiutato una coppia: la signora aveva rimediato una distorsione alla caviglia a 20 metri dall'auto. Invece viviamo una fase di deresponsabilizzazione - prosegue Rufus -. Ci si spinge oltre perché tanto, alla fine, qualcuno ti viene comunque a prendere».

Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 11:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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