La vita media di un bar o di un ristorante? 5 anni. Ascom: «Le città hanno perso identità»

Lunedì 1 Maggio 2023 di Claudio Fontanive
Un barista dietro il bancone

BELLUNOBar e ristoranti: la vita media dell’impresa va dai 18 ai 60 mesi. Difficile quindi per le attività resistere oltre i 5 anni. Il trend è diffuso a tutta Italia e si ritrova pari pari in provincia, dove la sola Belluno negli ultimi dieci anni ha perso 23 aziende tra bar, hotel e ristoranti, di cui 22 unità nel centro storico della città. È l’amara realtà che emerge da una ricerca dell’ufficio studi di Confcommercio sui capoluoghi di provincia veneti. Ma non siamo gli unici ad aver perso attività commerciali. Padova nello stesso periodo, ovvero dal 2012 al 2022 ne ha persi ben 300, mentre a Rovigo hanno chiuso le saracinesche ben 110 attività. E poi ci sono quelli che resistono: attività storiche che alzano la saracinesca da 50-100 anni e che vanno avanti, nonostante tutto. A Gosaldo per tenere in vita il bar si sono messi dietro il bancone i volontari della Pro loco. Chi, come l’Insonnia della Val di Zoldo, ha una storia e un’identità tale da richiamare fin lassù centinaia di persone ogni settimana anche da fuori provincia. Sono gli eroi del bancone, che vanno avanti nonostante tutto.

LA CRISI

I motivi delle continue chiusure in questo settore possono essere molti, soprattutto quelli ormai noti: rincari energetici e delle materie prime, pressione fiscale, difficoltà di reperimento del personale. Ma puntare il dito sugli imprenditori appare riduttivo nell’ambito di problematiche più ampie: «Le nostre città - afferma Luca Dal Poz direttore di Confcommercio Belluno - evidentemente vivono una crisi d’identità, e di conseguenza il commercio, non escluso in esso il settore dei bar e della ristorazione, segue queste dinamiche. D’altro canto, è noto che le aziende offrono l’offerta di seguito alla domanda. Il dato di fatto è che le imprese sviluppano nuove professionalità e nuovi format dove c’è una domanda in questo senso, cioè dove ci sono aggregazioni e flussi. Vanno invece in sofferenza dove c’è crisi d’identità come in molti dei nostri territori. Dobbiamo fare un’analisi per capire a chi servono questi esercizi. Sono convinto che una parte del problema sia anche legata alla liberalizzazione selvaggia e al fenomeno della concorrenza».

L’IDENTITÀ

Di fronte a bar di multinazionali o catene negozi replicati in maniera uguale nelle diverse città con non luoghi che non ti fanno più capire nemmeno se sei a Roma o Milano o New York, le possibili soluzioni per resistere ci sono: «Il lavoro che stiamo facendo assieme alle amministrazioni pubbliche - continua Dal Poz -, è quello di dare maggiore identità alle nostre città. Se non riusciamo a darla, è difficile anche per l’imprenditore rendere un offerta adeguata alla popolazione. Dobbiamo essere capaci di portare persone a Belluno, che deve tornare a essere sede di interessi, vita e tempo libero. Anche la politica nazionale però deve sostenerci per ridare centralità alle città». «E i comparti in questo senso vanno sviluppati in sinergia - prosegue il direttore - . La Dmo infatti riveste un ruolo fondamentale per creare il prodotto turistico. L’economia di quest’ultimo comparto dev’essere inserita in un contesto armonico con quello manifatturiero e gli altri settori».

SPOPOLAMENTO

Uno sguardo attento sull’altro problema che affligge il nostro territorio, ovvero quello dello spopolamento. «La Fondazione Welfare Dolomiti recentemente costituitasi - continua il direttore di Confcommercio Belluno - è una realtà innovativa in Italia alla quale la nostra associazione aderisce con convinzione. Amministrazioni, enti pubblici, la società civile e volontariato insieme per mettere in atto iniziative per vivere nei nostri territori e per aprire nuove prospettive».

PERSONALE

Infine il tema della ricerca di personale specializzato, altro nodo da sciogliere. «Il tema in questione - sostiene Dal Poz - è stato discusso proprio in questi giorni nel forum internazionale che Confcommercio ha promosso a Roma dove il nostro presidente ha ribadito che c’è questo tipo di difficoltà e i motivi di questo sono tutti da esplorare. Abbiamo avuto un incontro con i sindacati per elaborare delle proposte». «Bisogna recuperare il valore del lavoro in strutture che siano capaci di rilanciare l’economia - conclude Dal Poz -. Il turismo lo è ma bisogna trovare strade nuove per far sì che chi intende cercare una nuova prospettiva professionale si trovi di fronte mestieri considerati di serie A” o di serie B”. La commessa del negozio è ad esempio l’emblema del negozio stesso. C’è un rapporto fra dipendente e imprenditore strettissimo. Il primo infatti impiega anni per formare il personale. È importante creare quell’attrattività per questo lavoro. Abbiamo l’urgenza di trovare personale per alberghi e ristoranti ma vogliamo far capire ai potenziali nostri collaboratori che è un percorso importante che può riservare soddisfazioni»

Ultimo aggiornamento: 17:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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