Chiudono le imprese e calano le assunzioni

Sabato 6 Giugno 2020 di Andrea Zambenedetti
Operaio al lavoro in fabbrica
Meno 44. I dati del primo trimestre dell’anno in corso, firmati dalla Cgia di Mestre dicono che sono 44 le imprese perse nei primi tre mesi dell’anno. La demografia d’impresa registra che a fronte della nascita di 87 nuove imprese quelle che hanno abbassato la saracinesca sono 131. Uno spaccato che potrebbe già essere sufficiente a sentenziare che le cose non stanno andando bene.
NON È ABBASTANZA
I dati, dicevamo, sono riferiti al primo trimestre, circostanza che lascia presupporre che le cose nei mesi successivi potrebbero essere peggiorate ulteriormente. A preoccupare tutti, dai sindacati alle categorie, è la ripresa dopo l’estate un periodo in cui gli effetti del confinamento si vedranno in modo chiaro. Ieri a diffondere sono stati diffusi anche i dati sul fronte dell’occupazione.
I NUMERI DEL LAVORO
I dati riferiti alla somma di contratti a tempo determinato e indeterminato dicono che, in provincia di Belluno, non si è visto il temuto crollo ma ci sono alcuni segnali che emergono che non possono comunque essere sottovalutati. Il saldo dei posti di lavoro persi nel 2020 arriva a 5600: 813 in più di quelli persi nello stesso trimestre del 2019. Tradotto: la provincia di Belluno che solitamente nei primi tre mesi dell’anno registra un gran numero di entrate e uscite dal mondo del lavoro, per effetto della stagionalità e del turismo, è già partita con il piede sbagliato in un periodo chiave per l’andamento dell’intero anno. 
SEGNALE DI RIPRESA
Leggendo tra i numeri grezzi, offerti dall’osservatorio Veneto Lavoro c’è un segnale che sembra irrilevante ma che non lo è affatto. Nel periodo tra il 4 maggio e il 17 il saldo diventa positivo di 365 unità. È un dettaglio che acquista maggiore rilievo se inserito nel contesto regionale. Nessuna provincia oltre a Belluno, eccetto Venezia, in quei giorni registra un saldo positivo di contratti. E poco conta che anche l’anno precedente quella sia stato l’unico periodo con un saldo positivo: l’incremento del 2020 è più ampio, il segnale che il mercato del lavoro ha avuto la possibilità di provare a compensare il profondo rosso del periodo precedente. Anche il periodo 1831 maggio lo conferma. Se nel 2019 si erano persi 2024 contratti nello stesso periodo dell’anno in corso ne sono stati persi “soltanto” 1461.
I TIMORI
«Il mese di maggio dà un segno più nel saldo occupazionale - ha spiegato ieri l’assessore regionale al lavoro, Elena Donazzan - perché vige il divieto di licenziamento, e tra cessazioni e assunzioni il mercato del lavoro segna un lieve saldo positivo. Ma dobbiamo guardare con estrema preoccupazione a cosa accadrà quando cesserà il divieto al licenziamento, perché molte imprese del turismo e della cultura, che sono i settori in maggior sofferenza, registreranno purtroppo pesanti perdite di posti stabili di lavoro». Secondo Donazzan il problema va comunque analizzato in modo più ampio. «Il dato più preoccupante – ha spiegato – è il calo di commesse e di quote di mercato per moltissime imprese di tutti i settori, in quanto il mondo è fermo e l’economia veneta, fortemente vocata all’export, ne risulta particolarmente penalizzata. Dovremo immaginare un autunno con più disoccupati del previsto e con strumenti di sostegno al reddito limitati».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci