L'artista Vico Calabro': «Vi racconto i miei cinquant'anni d'amore con Feltre»

Martedì 6 Luglio 2021 di Laura Cenni
Il maestro Vico Calabro' con alcune studentesse del liceo Scienze umane di Feltre

FELTRE - Mezzo secolo di amore (a prima vista) tra Vico Calabro’ e Feltre. Ricorda la lunga storia di questo sodalizio l’artista nato ad Agordo 83 anni fa e ora residente a Caldogno (Vicenza): è in città questi giorni per un workshop con studenti sull’affresco, tecnica della quale è rimasto uno dei pochi depositari nel mondo. «Sono stato chiamato a Feltre nel 1971 da Gino Possiedi che mi aveva chiesto di illustrare episodi della ricca storia di Feltre. È nata una sintonia con la città che ad esempio non era nata a Belluno o in altre città: una cosa inspiegabile l’entusiasmo dimostrato nei miei confronti. Infatti mi ha riportato a Feltre questa volta monsignor Giulio Gaio che nel 1974 mi aveva commissionato una lunetta del chiostro del santuario dei Santi Vittorie e Corona. Quando sono salito ad Anzu’ praticavo però altre tecniche pittoriche e quindi ho dovuto documentarmi e dopo studio e sperimentazione mi sono trasformato in affrescatore.

Sono rimasto tre mesi per lavorare al Santuario e accanto a me, in don Giulio, ho trovato uno straordinario maestro di vita e di pensiero. Sono molto grato anche a Toni De Riz, un muratore così esperto che mi ha fatto entrare nel mondo della calce cogliendo tutte le possibilità che questo elemento fornisce per ottenere diversi effetti. Qualche anno fa Don Lino Mottes è tornato a darmi la possibilità di affrescare nel Santuario: ad una quarantina di anni dalla mia prima venuta mi è sembrato come di chiudere il cerchio». 


LA NUOVA IDENTITÀ
È nata così la nuova identità artistica di Calabro’ che si rammarica per il fatto che però in Italia oggi siano rimasti pochi gli artisti che praticano l’affresco e nelle accademie non si insegni nemmeno più questa tecnica. «Proprio nella patria che si distingue per secoli e secoli di grandi affreschi è una forma di arte accantonata-dichiara Calabro’- una arte che all’estero ci invidiano e ci chiedono di insegnare. E noi italiani non sappiamo valorizzarla. I motivi per i quali l’affresco è diventato una rarità sono tanti perché cambiano anche i gusti del pubblico, ma sono 150 anni che il nostro panorama artistico è in mano a mercanti d’arte... Data la complessità che richiede un vero affresco, si dilatano i tempi. Ora chiamano affresco ogni pittura sul muro, ma non è proprio così. Un pittore fa in tempo a realizzare quattro quadri al posto di un affresco. Si deve partire dal bozzetto, studiare il tema assieme al committente, verificare l’idoneità del muro, demolirne l’intonaco, realizzare la sinopia, ovvero l’ingrandimento del bozzetto, dividere le porzioni dell’affresco in modo da delimitare le giornate di lavoro che vanno intonacate pezzo per pezzo, poi fare il calco e trasferire la sagoma. E ovviamente non si può correggere. L’affresco è come un virus: se lo prendi non ti salvi più. La mia soddisfazione personale è quella di aver trasmesso per una generazione questa scienza: sono sicuro che ora ci sono un’ottantina di affrescatori nel mondo, un’ottantina di matti». 


LA COLLABORAZIONE
Buona parte di questa scuola è nata grazie al sodalizio con Aldo Bertelle come spiega il Maestro: «La scuola internazionale dell’affresco di Facen è stata una straordinaria avventura. Venivano da tutto il mondo per imparare: 25 anni che hanno visto passare allievi e maestri di 14 diverse nazionalità. È diventata una sorta di accademia di belle arti per molti artisti». In questi cinquant’anni feltrini Calabro’ racconta di aver assistito al fervore artistico e ora alla decadenza. «In città c’erano diverse gallerie d’arte oltre all’attività di Possiedi. Aveva aperto anche la “Bottega del quadro” e intorno a Rossi gravitavano intellettuali come Silvio Guarnieri e artisti tra i quali Bruno Milano, Romano Ocri, Gianni Palminteri. Era un vivace circolo culturale che richiamava anche da fuori città. Poi c’era anche la galleria di Francesco Guerra. Un mondo che oggi purtroppo non esiste più tanto che tutte queste gallerie hanno dovuto chiudere i battenti dopo la stagione d’oro feltrina».


LAVORI IN CORSO
Questa settimana Vico Calabro’ sta lavorando all’Istituto Canossiano di Feltre, riallacciando il filo con quell’opera incompiuta che l’aveva visto posare il pennello il 21 febbraio 2020, interruzione forzata dovuta alle prime avvisaglie del Covid. Assieme ai ragazzi di due classi del liceo Scienze umane stava affrescando “la creazione di Adamo” e ora con una quindicina di studenti delle superiori la sta portando a termine, un segnale di ripresa e di speranza. Contemporaneamente questa settimana tiene anche un laboratorio con una decina di ragazzi della scuola secondaria di primo grado, che stanno realizzando un affresco all’ingresso della scuola, luogo che ha già l’onore di portare la firma di Calabro’ anche negli affreschi della cappella e in diversi spazi degli istituto, come la mensa e la scuola elementare. «Mi diverto a far giocare i ragazzi con l’affresco: faccio sperimentare le tecniche. Mi piace insegnare a chi vuole imparare un mestiere, arrivare ad affrescare davvero è un percorso complesso. Una vera e propria scienza». 

Ultimo aggiornamento: 17:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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