Anpi, il presidente Sperandio: «Contiamo più del Pd colmando il vuoto che c'è a sinistra»

Lunedì 13 Marzo 2023 di Daniela De Donà
Il presidente Anpi contro i partiti
BELLUNO - Colmare quella parte di vuoto lasciato dai partiti di sinistra, tornando alla bellezza del dibattito aperto e pubblico. E, inoltre, chiamare a raccolta i giovani che credono nell’antifascismo. Ad aver suonato le trombe, in occasione dell’Assemblea provinciale che si è tenuta alcuni giorni fa, sono gli aderenti all’Associazione nazionale partigiani d’Italia. Nel luglio 1945, al momento della fondazione del Comitato provinciale di Belluno, se ne iscrissero 1000. Oggi ad avere la tessera dell’Anpi sono, ovviamente, molti meno: tra gli storici sono rimasti a portare testimonianza tre partigiani ultranovantenni, una staffetta e due internati nel campo di Bolzano. La tessera Anpi, peraltro, prevede l’iscrizione, oltre che come partigiano o patriota, anche come antifascista. 
E proprio su questo punto verterà l’impegno 2023 dell’Anpi: «Insieme alla difesa della Costituzione e ai contatti con i giovani», precisa il presidente Gino Sperandio. 

Facciamo il punto: quanti hanno oggi la tessera dell’Anpi?
«500, che vuol dire tanti. Pensiamo che partiti strutturati, come la Lega o il Pd, ne contano ben meno della metà. Negli anni Settanta in provincia gli iscritti al Pci erano 3000, più o meno lo stesso valeva per la Democrazia Cristiana. Erano anni in cui i partiti creavano luoghi di discussione. Ed è questa l’anomalia: oggi siamo noi a dover pensare come riempire quello spazio».

Si spieghi meglio sull’anomalia...
«Di fronte al fatto che le organizzazioni intermedie sono in crisi, a cominciare, come detto dai partiti, ma pure dall’Arci e dai gruppi cattolici, una associazione combattentistica come la nostra si sta facendo carico di un ruolo di riferimento molto più ampio di quello che prevede lo Statuto».

Si è appena tenuta la vostra assemblea provinciale: avete deciso gli obiettivi essenziali? 
«Non solo partecipazione a manifestazioni o promozione di eventi culturali. Puntiamo ad unire la varie anime dell’antifascismo, anche a fronte di uno spostamento a destra a livello di governo. Siamo nella situazione di dover supplire alla mancanza di luoghi, che fossero le sedi di partito o le sale parrocchiali, in cui si discute sulle questioni di attualità e ognuno può dire la sua».

Il lavoro che state tentando di portare avanti, riguarda il coinvolgimento dei giovani. Tanti o pochi gli iscritti?
«Pochi. L’età media è 50-60 anni. Ma molti, ragazzi e ragazze, ci stanno dando segnali di disponibilità e abbiamo, a Feltre, già contatti con la Rete degli studenti. Seppur in maniera minoritaria i giovani che si dicono di sinistra oggi si identificano di più con l’Anpi, che ha come simbolo forte l’antifascismo».

Fare un salto indietro nel tempo può aiutare a capire: l’Anpi è nata, a livello nazionale con il riconoscimento del Ministero della difesa, nel 1944. Quale lo scopo? 
«All’inizio il carattere fu assistenziale. Occorreva aiutare chi era stato partigiano a reinserirsi nella vita civile, magari trovandogli un lavoro. Ma venivano seguite anche le famiglie di partigiani uccisi. Una svolta porta la data del 2003. Si modificò lo Statuto per aprire a chi, senza ruolo da partigiano, si dichiarasse antifascista. E dal 2006 ogni iscritto può assumere cariche all’interno dell’Associazione».

Con l’Isbrec state lavorando ad una pubblicazione dedicata ai partigiani che ottennero il cosiddetto diploma “Alexander” destinato da una Commissione mista, tra inglesi e Ministero della difesa italiano, a coloro che avevano partecipato ad azioni o avuto un ruolo
«Sono, in provincia di Belluno, poco meno di un migliaio. E’ in fase di pubblicazione, con l’Isbrec, il dizionario biografico di tutti loro».
Ultimo aggiornamento: 17:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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