Alex Schwazer, un film del feltrino Padovani sulla storia del marciatore

Domenica 30 Maggio 2021 di Daniela De Donà
Sandro Donati, allenatore di atletica, e a destra il marciatore Alex Schwazer

La storia di Alex Schwazer sarà raccontata nel film “Saudade”, scritto e ideato da un feltrino: Alessandro Padovani, giovane sceneggiatore e regista di Pedavena. «È il frutto di molte notti insonni e pareti piene di post it che toglierò soltanto quando “Saudade” sarà su uno schermo. Manca un po’ di strada ma ci siamo vicini», ha scritto Padovani sui suoi profili social. Sta di fatto che il ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (Mibact) gli ha dato fiducia e dopo la vittoria del Premio Solinas 2019, con un contributo selettivo Alessandro ha potuto sviluppare la sceneggiatura del film di finzione: «Ora c’è la trattativa con alcune case di produzione».
Chi si immagina come attori? E come regista?
«Per il ruolo dell’allenatore Sandro Donati vedrei benissimo Silvio Orlando. Il regista? Mi piacerebbe fosse Garrone, oppure Cupellini, a girare il film. Alex? Servirebbe il casting».
Ha parlato spesso con Schwazer?
«Ci siamo sentiti quando il processo era ancora in corso. Il contatto continuo lo ha avuto con l’allenatore Donati. L’ho incontrato al Coni, facendomi raccontare con precisione la vicenda di Alex, e imparando ancora di più sul passato di Sandro di cui avevo già letto molto».
Lei è entrato tra le pieghe della vicenda del marciatore di Vipiteno, campione olimpico della 50 chilometri ai Giochi di Pechino 2008, positivo a Londra 2012, infine squalificato per doping fino al 2024. Rimpalli di responsabilità, fino alla recente sentenza della Wada che ha tolto il sogno di partecipare all’Olimpiade di Tokio. Che opinione si è fatta?
«Si colpisce l’atleta singolo che, spesso, è l’ultima pedina di un gioco più complesso. A essere attaccato, probabilmente, è stato il modello che Alex rappresentava, scomodo al sistema».
In che senso?
«Penso che ognuno debba avere una seconda occasione. Si sbaglia, ma si può, poi, diventare diversi».
Pare affezionato a questa vicenda sportiva.
«Perché mi piacciono le storie dove si combatte da sfavoriti, dove si parla di fragilità che diventano la base per la rivincita. Dove a lottare sono Davide e Golia. Purtroppo viviamo in un’epoca dove non è ammesso cambiare, e spesso preferiamo scagliarci contro un capro espiatorio invece di capire cosa si nasconde dietro».
Ventottenne giramondo, lei torna appena può nella sua Pedavena: nel 2020 aveva vinto il Premio Tasca d’Oro al Salina Doc Festival con “Movida”. Ora, con la storia sul doping, ha vinto il Premio Solinas, il più importante per sceneggiatori in Italia. Quando è nata l’idea?
«Da anni mi interessava scrivere di Alex Schwazer e Carolina Kostner, poi nel 2018 ho scoperto la storia dell’allenatore Sandro Donati, dopo averlo conosciuto in un incontro a Feltre. Ho scritto il soggetto, sono stato selezionato e ho scritto la prima stesura della sceneggiatura. Quindi mi sono sempre di più staccato dal fatto di cronaca: di fondo al centro si racconta della fiducia tra un atleta e il suo allenatore. Non mi interessa un film sportivo o biografico, ma un film che arrivi alle persone, le faccia emozionare».
Il futuro?
«Vorrei una produzione che si innamori quanto me di questo progetto, per farne un film sincero e coraggioso».

Ultimo aggiornamento: 11:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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