Morì nel bosco colpito da un albero, figlio a processo per omicidio colposo

Mercoledì 22 Maggio 2019 di Olivia Bonetti
Morì nel bosco colpito da un albero, figlio a processo per omicidio colposo
1
BORGO VALBELLUNA - «Dovevo proprio venire su oggi? Se stavo a casa era meglio». Sono le ultime parole pronunciate da Alessandro Tres di Lentiai, il fondatore dell'azienda di motoseghe e macchine agricole di viale Belluno deceduto a 76 anni il 25 aprile del 2017, vittima di un incidente boschivo nella zona Il Portico sulla Costa di Carpenon. Le ha riferite il teste, ieri in Tribunale a Belluno, l'amico Denis Rossa che quel giorno arrivò per primo in quel bosco. In aula si sta celebrando il processo per omicidio colposo che vede alla sbarra il figlio di Alessandro, Sergio Tres, 51 anni difeso dall'avvocato Davide Fent di Feltre. La famiglia non è parte civile.
 
L'ACCUSA
Ieri era il giorno dei testi chiamati dalla Procura, che hanno risposto alle domande del pm Sandra Rossi ricostruendo quanto avvenne quel maledetto giorno. In realtà non è stato immediato. La difesa, con l'avvocato Fent, ha sollevato diverse eccezioni: in particolare ha sostenuto che entrambi i testimoni chiamati a deporre avevano effettuato accertamenti irripetibili dai quali l'indagato era stato praticamente escluso. Il giudice Edoardo Zantedeschi, dopo una breve camera di consiglio, ha comunque deciso di andare avanti. Il fondatore dell'azienda di motoseghe e macchine agricole quel 25 aprile era al lavoro con il figlio su un albero nella zona Il Portico sulla Costa di Carpenon quando avvenne l'incidente. Un albero tagliato sarebbe rimasto impigliato su un'altra pianta e poi sarebbe finito sulla schiena del 76enne. Nelle indagini effettuate dai carabinieri forestali era emersa la presunta responsabilità del figlio Sergio, che avrebbe sbagliato il taglio della pianta. Lo ha confermato in aula il militare forestale Franco Zortea. Sentito poi il carabiniere, maresciallo Emiliano Castelletti, che intervenne per i rilievi dopo l'incidente.
LA TESTIMONIANZA
Toccante il racconto di Denis Rossa, il primo che arrivò lassù, in quel luogo inaccessibile e che fece poi strada ai soccorsi. «Era a terra - ha raccontato - con a pancia in giù e indossava delle scarpe antitaglio. Mi ricordo che disse Se stavo a casa era meglio». Il pm ha insistito chiedendo se avesse visto caschetti, o attrezzatura anti-infortunistica: non c'erano. «Io poi scesi subito per andare a prendere i soccorritori - ha detto Rossa - e accompagnarli in quella zona impervia». Quel giorno infatti tutto andò storto: c'era nebbia e l'eliambulanza non riuscì a decollare. L'infortunio avvenne poco prima delle 10 e i sanitari arrivarono solo dopo mezzogiorno. Si torna in aula il 4 giugno.
Olivia Bonetti
Ultimo aggiornamento: 13:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci