"Senza fondi Acc va sul mercato: pretendenti asiatici"

Domenica 7 Marzo 2021 di Lauredana Marsiglia
Maurizio Castro, commissario straordinario di Acc Wanbao

BORGO VALBELLUNA -  Maurizio Castro, commissario straordinario di Acc, ha rimesso in carreggiata l’azienda dopo l’uscita dei cinesi facendo volare la produzione e assumendo nuovo personale.

Ma tanto impegno profuso assieme alle maestranze sembra non trovare uno sbocco. Il problema liquidità non trova ancora risposte, incastrato tra un Comunità europea che non cede sugli aiuti di Stato, e un sistema bancario che ha chiuso le casse. E poi lo stallo del progetto finale di creare la ItalComp, società a prevalente capitale pubblico che unirebbe Acc con l’ex Embraco di Riva di Chieri (To).


Il cambio al Ministero dello sviluppo economico, passato da Patuanelli a Giorgetti, secondo lei, ha rallentato il progetto ItralComp?
«E’ fisiologico che, nel passaggio da un esecutivo all’altro, intervenga una fase di riflessione e di riposizionamento sui principali dossier. Il progetto ItalComp d’altronde non è un tradizionale intervento di salvataggio a beneficio di un’azienda in crisi e a tutela della sua occupazione. E’ invece un’innovativa azione di politica industriale, che punta a costituire un campione europeo in un comparto strategico per la filiera del freddo, ancora cruciale per l’economia italiana, integrando due grandi patrimoni dell’industria elettromeccanica italiana, l’Acc e l’ex Embraco. Ricordo solo che ancora agli inizi degli anni 2000 Mel e Chieri erano i leader mondiali del compressore e che l’attuale dominio dei produttori cinesi non è il frutto di una reale superiorità competitiva ma di imponenti supporti pubblici lontani da ogni principio di equilibrio concorrenziale».
Avete avuto contatti con il Mise dopo l’arrivo di Giorgetti? 
«I contatti con gli uffici ministeriali che seguono una procedura complessa come l’amministrazione straordinaria di una grande azienda sono continui: in questi giorni, per esempio, stiamo preparando con la competente direzione del MISE la risposta all’ennesima, inconsueta richiesta di chiarimenti ricevuta dalla Direzione generale della Commissione Europea il 17 febbraio sulla richiesta del Governo italiano di concedere ad Acc un aiuto di Stato consistente in un finanziamento garantito di 12,5 milioni. Non si dimentichi che un atteggiamento singolarmente dilatorio e non cooperativo di Bruxelles, invece così generosa verso le istanze di nostri concorrenti asiatici ansiosi di reinsediarsi in Austria, è all’origine dell’attuale crisi finanziaria di Acc».
E il ministro trichianese Federico D’Inca che linea sta tenendo?
«Mi ha chiamato ieri, e non manca mai di far sentire la sua vicinanza in questa tormentata vicenda. Sento pressoché quotidianamente anche l’assessore Donazzan per il Veneto e l’assessore Chiorino per il Piemonte. Tutte figure istituzionali convinte che ItalComp sia un disegno ambizioso di riscatto per l’elettrodomestico italiano (che fino a metà degli Anni ‘90 era centrale a livello continentale e globale): insomma, l’esatto contrario di un vecchio progetto assistenzialista».
Per quanto riuscirete ad andare avanti se non arrivano fondi?
«La squadra di Acc ha compiuto un miracolo: senza un euro di finanza fresca da oltre un anno, è riuscita ad aumentare le vendite di oltre il 30%, a recuperare tutti i clienti in fuga da Wanbao e a conquistarne di nuovi e a lanciare un nuovo compressore le cui prestazioni stanno entusiasmando i clienti. Ma adesso le casse si stanno svuotando. Se non arriva un adeguato supporto esterno, non ci potranno essere investimenti e la produzione dovrà essere rallentata: la legge mi impone in tal caso di cedere al più presto Acc sul mercato internazionale. Credo che vi siano pretendenti interessati: ma, sia chiaro, sono solo gruppi asiatici in cerca di una porta per il ricco mercato europeo o fondi speculativi».
La trattativa con le banche va avanti?
«E’ tutto fermo. Le banche non amano questo tipo di intervento, che è molto lontano dalle loro tradizionale cultura. Nelle ristrutturazioni importanti e difficili, come quella di Acc o di ItalComp, la banca non è un mero erogatore di credito, è il partner finanziario di un progetto industriale. Ma è inevitabile che l’economia nel tempo del Covid-19 imponga un cambiamento radicale dei ruoli e degli approcci, nella direzione di una maggior integrazione fra pubblico e privato e fra finanza e industria. ItalComp è già tutto nel nuovo mondo».
Quale idea si è fatta di questo stallo?
«ItalComp è un’idea strategica audace, quasi rivoluzionaria. E mette in crisi molti assetti economici e geopolitici consolidati, molte rendite di posizione stantie ma lucrose. Ha molti alleati, a cominciare dall’aristocrazia continentale della refrigerazione. Ma ha molti nemici, che si stanno muovendo con feroce determinazione contro il disegno di riportare l’Italia e l’Europa a essere protagoniste nella filiera lunga degli home products». 
 

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