Acc, verso "l'assalto" alle banche che negano i finanziamenti

Mercoledì 26 Agosto 2020 di Lauredana Marsiglia e Federica Fant
Lo stabilimento Acc di Mel produce compressori per la refrigerazione domestica
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BORGO VALBELLUNA - È scaduto alla mezzanotte il termine dato alle banche dalla Regione Veneto per accettare o meno la richiesta di garantire un prestito-ponte di 12,5 milioni di euro per il salvataggio della Acc di Mel con i suoi 300 lavoratori ed un know how nel settore dei compressori per la refrigerazione domestica capace di soddisfare i mercati qualitativi più alti dell’Europa, sulla rampa di lancio per diventare l’alternativa italiana al dominante duopolio cino-nipponico Jiaxipera-Nidec.
NO DI UBI E MPS
Già nelle ore precedenti al termine della mezzanotte, molti degli istituti di credito convocati il 7 luglio dall’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan, avevano detto picche. Tra questi Ubi e Mps, mentre Iccrea avrebbe usato toni più morbidi del tipo «non siamo in grado di aderire alla richiesta». Ifis aveva invece dato la disponibilità di massima a sottoporre la questione agli organi deliberanti per il finanziamento post-garanzia e non anche per il prestito ponte: modo educato per dire né sì né no, ma solo «vediamo cosa succede». 
PERTUGIO DI SPERANZA
Erano rimaste socchiuse, invece, le porte di Intesa San Paolo e Unicredit. A ore si saprà se una delle due o entrambe saranno disposte a coprire le esigenze immediate dello stabilimento zumellese, unico in Italia in questo segmento produttivo. Senza quei soldi sarà impossibile andare avanti, vanificando così gli sforzi immani fatti lungo un intero anno per evitare la chiusura ed ottenere il commissariamento attraverso la Legge Prodi–bis.
PRONTE LE BARRICATE
Ma le barricate sembrano già essere pronte, con tanto di possibile assedio alle filiali delle banche da parte dei lavoratori, cosa che già avvenne in passato, era l’ottobre 2013, ovvero quando nel baratro del fallimento ci finì la gestione Acc Compressors, lasciando 450 milioni di debiti che finora nessuno ha masi ristorato. Anzi, penalmente l’allora amministratore è stato pure assolto. Lo stabilimento venne salvato con il commissariamento, affidato sempre a Maurizio Castro, che oggi fa il bis, e che a fine 2014 riuscì a traghettare il sito nelle mani dei cinesi del gruppo Wanbao, defilatisi però a meno di quattro anni di gestione dopo aver speso una fortuna per tenere in piedi l’esistente, scansando ogni forma di investimento e crescita come invece era stato scritto nell’accordo di cessione del ramo d’azienda, realizzato attraverso un’asta pubblica, firmato al Ministero dello sviluppo economico.
LA PALLA AL MINISTERO
Insomma, ora il gioco si fa più duro che mai in una partita per il salvataggio del sito, che la Regione Veneto considera strategico a livello nazionale, iniziato nel settembre 2019 quando il gruppo di Guangzhou annunciò di voler chiudere per eccesso di debito e carenza di prospettive.
Gli appelli alle banche, in queste ore si moltiplicano, perché chiudere la cassa a doppia mandata significa far saltare il salvataggio. La stessa prassi venne seguita dopo il fallimento di Acc Compressors, che all’epoca contava ben 600 dipendenti, quando un pool di banche mise sul tavolo 12,9 milioni di euro, soldi che vennero poi ristorati dallo Stato.
GRANDI RISCHI
Qualunque sarà la risposta delle banche, la nuova tappa dell’infinita crisi Acc, arriverà nelle immediate ore successe al tavolo di crisi che sarà convocato dalla Regione Veneto e dal Ministero per lo sviluppo economico. In questa sede si affronterà il futuro dello stabilimento. Se i soldi non arriveranno, salterà il meccanismo previsto dalla Legge Prodi-bis. E la strada sarà di nuovo tutta in salita.

L'IRA DI SINDACATI E SINDACO
La speranza è appesa ad un filo. Un pertugio, una fessura è lasciata all’ultima decisione di Unicredit e di Intesa San Paolo, gli unici due istituti di credito che potrebbero impegnarsi per garantire il sostegno finanziario necessario al percorso di ripresa e alla ripartenza di Acc con i suoi 300 dipendenti. Sono ore di attesa ed oggi ci sarà il responso finale, si cerca la smentita che nessun istituto si impegnerà a coprire il prestito-ponte di 12,5 milioni di euro. 
CRISI LOGORANTE
La Fiom Cgil e Uilm vogliono sperare fino all’ultimo, ma se nessuna banca darà il sostegno sono pronti ad una mobilitazione. E che mobilitazione. Anche il sindaco di Borgo Valbelluna, Stefano Cesa, segue con molta attenzione l’evolversi della situazione. 
«Gli istituti di credito hanno, oltre alla responsabilità finanziaria insita nella loro missione imprenditoriale – commenta il sindaco Cesa -, anche una responsabilità sociale che si concretizza nella difesa dello sviluppo del territorio, del patrimonio di know how imprenditoriale e della crescita delle comunità, grazie ai cui risparmi sono in grado di esistere». 
TORNEREMO IN PIAZZA
Questa è solo la premessa del primo cittadino del comune su cui insiste l’Acc: «Proprio perché questo territorio è consapevole della centralità di questo ruolo e delle responsabilità importanti degli istituti di credito, pretendiamo che ci siano risposte positive alla richiesta di liquidità, coperta dalle garanzie dello Stato, fatta dalla voce del Commissario Maurizio Castro che unifica la voce di 300 lavoratori e famiglie – afferma con decisione Stefano Cesa -. D’accordo con il presidente della Provincia, se sarà necessario, come qualche anno fa, faremo importanti azioni eclatanti di protesta davanti ai principali istituti di credito che non risponderanno positivamente a questo appello».
AZIONI PACIFICHE
Azioni che promettono anche i sindacati. Michele Ferraro, segretario della Uilm di Belluno comincia il suo intervento in modo cauto: «Al momento non abbiamo nessuna risposta alle banche, aspettiamo che l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan dica la sua, poiché è lei che ha dato ultimatum, ad oggi alle 15 pomeriggio (ieri, ndr) non sappiamo nulla – sottolinea Ferraro -. La speranza è che non dicano di sì oggi, ma che questa cassa di risonanza anche mediatica faccia fare a chi di dovere considerazioni a breve. Quando avremo il no definitivo, poi penseremo alle mobilitazioni. Lo chiederemo ai lavoratori. Occupare, ovviamente, pacificamente le banche cosi come è già stato fatto. La Uilm spera che non ci siano dieci istituti di credito che dicano di no». 
IN ATTESA DEL VIA
Per la Fiom Cgil è Stefano Bona ad intervenire: «Siamo pronti alla mobilitazione, anche se speriamo di non doverci mobilitare – esordisce il sindacalista -. Mi aspetto una nota ufficiale della Donazzan prima. Certo non ci rassegnamo e siamo pronti a parlare coi lavoratori, poi prenderemo le valutazioni del caso». Giusto ieri l’altro, anche Rudy Roffarè, segretario generale aggiunto della Cisl Belluno Treviso, ha rinnovato l’appello alle banche a impegnarsi per garantire il sostegno finanziario necessario al percorso di ripresa e alla ripartenza di Acc. 
BANCO DI PROVA
«Il caso Acc - afferma Roffarè - rappresenta un banco di prova per gli istituti di credito per capire quanto possano essere decisive le loro decisioni prese considerando i progetti di rilancio di una importante azienda non solo sulla logica del rientro del finanziamento nel breve tempo, ma piuttosto considerando un arco temporale più lungo». Roffarè aggiungeva: «Le banche devono rendersi conto che tutti (Regione Veneto, governo, Provincia, sindaci, sindacati e associazioni) hanno lavorato per creare tutte le premesse per vincere una sfida che potrebbe essere da esempio nazionale». 
 
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