Venezuela, spallata a Maduro: Guaidò si autoproclama presidente, è caos. Scontri e morti

Giovedì 24 Gennaio 2019
Scontri a Caracas in Venezuela

Il leader dell'opposizione venezuelana Juan Guaidò si autoproclama presidente, in attesa di nuove elezioni, davanti a una folla a Caracas. L'esercito respinge l'autoproclamazione, mentre Donald Trump lo riconosce ufficialmente. Sostegno dalla Ue. Il presidente venezuelana Nicolas Maduro però non si arrende, chiama il popolo alla mobilitazione «contro il colpo di stato» e invita i paesi a ritirare le delegazioni diplomatiche in Venezuela. Ma Pompeo lo gela: «Non ha autorità per dirlo». 

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Sono 14 i morti negliscontri, di cui nove mercoledì e cinque martedì, nella repressione messa in atto dalla polizia e dai militari contro le proteste antigovernative in Venezuela. Lo riferisce l'ong Observatorio Venezolano de Conflictos Sociales y de Provea su Twitter. Dall'inizio delle proteste contro Nicolas Maduro, lunedì scorso, sono stati 218 i manifestanti arrestati, secondo quanto riporta El Mundo. Il bilancio dei morti rischia di crescere perché oggi si temono nuovi scontri.

 



Il popolo «agguerrito e combattente» rimanga in allerta, pronto alla mobilitazione per difendere la patria, avverte intanto Maduro. «Nessun colpo di stato, nessun interventismo - conclude Maduro - il Venezuela vuole la pace». Il ministro della Difesa venezuelano, generale Vladimir Padrino Lopez, ha dichiarato in un tweet che le Forze Armate del suo paese «non accettano un presidente imposto da oscuri interessi o che si è autoproclamato a margine della legge», confermando il suo appoggio a Nicolas Maduro. «La disperazione e l'intolleranza stanno aggredendo la pace della Nazione», ha sottolineato Padrino Lopez, secondo il quale «i soldati della Patria» non accettano la presidenza di Guaidò perché le Forze Armate «difendono la nostra Costituzione e sono garanti della sovranità nazionale». 

Fdi: il governo riconosca Guaidò. “Fratelli d’Italia ha depositato in commissione Esteri una risoluzione che impegna il Governo italiano a riconoscere Juan Guaidó quale Presidente ad interim del Venezuela.
Invitiamo la Lega Nord a sottrarsi dalla sinistra ideologia pentastellata che, per bocca del suo commissario Cabras, ha definito il Venezuela di Maduro una vera e propria democrazia e a votare la nostra risoluzione che archivi definitivamente la feroce stagione della dittatura di Maduro che ha costretto all’esodo più di due milioni di Venezuelani, ha ridotto alla fame il suo popolo e ha incarcerato, torturato e sommariamente giustiziato i suoi oppositori. L’Italia batta un colpo e stia al fianco della sua comunità in Venezuela che auspica la fine del regime”. Lo dichiara Andrea Delmastro, deputato di Fratelli d’Italia e capogruppo di FDI in commissione Esteri alla Camera.


 
 


«Sì, se puede». L'urlo di obamiana memoria, quel 'Yes we can' che nel 2008 portò l'ex presidente degli Stati Uniti al trionfo, si leva altissimo anche su Plaza Venezuela, il cuore di Caracas. Sono decine di migliaia le persone che ascoltano il capo dell'opposizione e leader dell'Assemblea nazionale Guaidò giurare sulla costituzione, autoproclamandosi presidente ad interim fino a che non ci saranno nuove elezioni democratiche.

Passano pochissimi minuti e dalla Casa Bianca arriva l'atteso riconoscimento ufficiale nei confronti di Guaidò: «Nicolas Maduro e il suo regime sono illegittimi - afferma Trump - e il popolo del Venezuela ha fatto sentire con coraggio la sua voce chiedendo libertà e rispetto della legge». La risposta non si è fatta attendere, con Maduro che parlando dal balcone a una folla di sostenitori annuncia la rottura delle relazioni diplomatiche con gli Usa, dando ai diplomatici americani 72 ore di tempo per lasciare il Paese. «Ci difenderemo a ogni costo», promette, mentre da Washington il tycoon ricorda come «tutte le opzioni sono sul tavolo».

Una mossa annunciata quella di Trump: da sempre il presidente americano considera Maduro un usurpatore e un dittatore, mentre il presidente dell'Assemblea nazionale autoproclamatosi leader rappresenta per Washington l'unica figura legittimamente eletta dopo le contestate elezioni politiche nel Paese. Per questo l'amministrazione Usa ha lanciato un appello a tutte le capitali occidentali affinché seguano il suo esempio. Il primo a farlo è stato il Canada di Justin Tudeau, seguito da larga parte dei latinoamericani, anche se in soccorso di Maduro arrivano il Messico e la Bolivia.

Per Maduro, 56 anni, al potere dal 2013 quando successe a Hugo Chavez, è decisamente il giorno più lungo, dopo che lo scorso 11 gennaio si è insediato per il suo secondo mandato. E la tensione a Caracas e in tutto il Paese è alle stelle. Una folla enorme si è riversata in strada e solo nella capitale, a seguito degli scontri con la polizia e con la guardia nazionale. «Resteremo qui finché il Venezuela non sarà liberato», ha promesso Guaidò dopo il giuramento, chiedendo all'esercito di mollare Maduro e di ristabilire i dettami della Costituzione. Sfidando così il regime in un'escalation che mette in pericolo innanzitutto la sua persona, visti i precedenti di oppositori arrestati, esiliati e addirittura - accusano le associazioni per i diritti umani - torturati.

«Gli occhi del mondo sono tutti puntati su di noi», ha tirato però dritto Guaidò. In rivolta contro Maduro sono soprattutto i quartieri operai di Caracas, quelli che una volta lo sostenevano e che ora, ridotti allo sfinimento da una crisi economica senza fine, si schierano invece col giovane ingegnere industriale di 35 anni, sempre più popolare soprattutto da quando l'ex pupillo di Chavez ha strappato ogni potere proprio all'Assemblea nazionale, nel tentativo di stroncare la sommossa. Assemblea che però è riconosciuta dalla comunità internazionale, così come Guaidò ancor prima che da Trump è stato riconosciuto dal neo presidente del Brasile Jair Bolsonaro. Intanto dal Palazzo di vetro delle Nazioni Unite, a New York, parte l'appello a fermare ogni violenza.

 

Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 14:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA