Ucraina, le voci dei sopravvissuti: «Ci stanno sterminando, familiari uccisi davanti ai nostri occhi»

A Zaporizhzhia le famiglie in fuga: "La salvezza è un percorso di morte, i russi controllano e bloccano le strade"

Venerdì 25 Marzo 2022 di Cristiano Tinazzi a Zaporizhzhia
Le voci dei sopravvissuti: «Ci stanno sterminando, familiari uccisi davanti ai nostri occhi»

ZAPORIZHZHIA Vadym e la moglie sono fuggiti da Mariupol con la morte negli occhi. «Un giorno una bomba ha distrutto parte della nostra casa e abbiamo deciso di andare prima da mia madre e poi da mia suocera.

Mamma è morta il dodici marzo colpita da una scheggia di bomba russa», dice lei.

Poi aggiunge altro terrore: «Stava fuori a riscaldarsi le mani vicino a un fuoco ed è stata colpita alla testa. Mio padre, che fortunatamente era dietro la casa quando è arrivata la bomba, l’ha poi vista senza vita, per terra. Si è avvicinato e l’ha abbracciata. Le parlava, come se fosse viva. Era tutto pieno di sangue. L’abbiamo lasciata nel garage, perché non funzionano più i servizi funebri e non abbiamo voluto seppellirla nella fossa comune. È rimasta lì, nella sua casa».

È Vadym a ricordare la decisione di fuggire: «Abbiamo lasciato la città perché non si poteva più restare, non c’erano più negozi aperti. I bombardamenti erano costanti. Sono partito con mia moglie, mia madre e i nostri figli», racconta. La paura era tantissima e i bambini si tappavano le orecchie per non sentire le esplosioni. «Il viaggio è stato difficile, c’erano molti posti di blocco russi, ci fermavano e ci controllavano i documenti. Quando siamo arrivati alla periferia di Zaporizhzhia, invece, ci hanno fatto passare veloci, senza controlli, non chiedevano niente augurandoci solo buon viaggio. Ho due figli, uno di un anno e l’altro di sei. Quando cadevano le bombe, il più piccolo si nascondeva e voleva scappare e il più grande disegnava le bombe che colpivano le case. Sapeva che doveva aprire la bocca e tapparsi le orecchie, quando colpivano».


LA FUGA
La strada che porta da Dnipro a sud, verso Zaporizhzhia, è costellata di checkpoint. I controlli sono aumentati. Il nemico è vicino, a una ottantina di chilometri. Scendendo verso la prima linea delle postazioni ucraine, ancora più a sud, a Kamyanske, diventa un percorso di morte. Razzi Grad conficcati nell’asfalto, macchine bruciate, mucchi di sabbia, cavalli di frisia e blocchi di cemento ovunque. Nel villaggio, che prima della guerra aveva circa duemila abitanti, rimangono una quarantina di persone. I segni dell’attacco della notte precedente sono ancora visibili: i resti di una casa bruciano ancora. La cucina è l’unica parte dell’edificio rimasta intatta. Sui fornelli c’è una pentola annerita e resti di cibo sono sparsi un po’ ovunque. Un gatto si avvicina ai soldati miagolando, in cerca di cibo. Sono costruzioni semplici queste, di pietra. Qualcuna è più curata, in muratura. Ma rimangono case di campagna, modeste. Abitate da persone che non sanno dove andare e che non hanno neanche le possibilità economiche per pensare di andare via, lontane dai loro campi e dalle poche cose che possiedono. Lungo la strada che porta a Zaporizhzhia lunghe colonne di macchine provenienti da Mariupol e altre città sono in coda ai checkpoint ucraini. La maggior parte delle vetture ha fogli bianchi attaccati ai finestrini e ai lunotti con scritto in russo «bambini». Non è una preoccupazione assurda: sono stati numerosi i casi registrati di attacchi indiscriminati da parte dei soldati di Mosca a macchine di civili.


RESISTENZA
Mariupol resiste, cinta d’assedio da dei barbari usciti da libri di storia che il mondo considerava ormai passati e sepolti. Invece sono ancora qui, con le armi puntate a distruggere una città e la sua popolazione, difesa fino all’ultimo sacrificio da tremila soldati e poliziotti. Le migliaia di persone che sono riuscite a passare indenni i controlli russi, che hanno avuto la possibilità di muoversi, faticosamente raggiungono la città di Zaporizhzhia. Venti pullman e centinaia di macchine sono partiti portandole verso la salvezza. Quando gli sfollati arrivano in città, esausti dopo interminabili ore di viaggio, in un centro commerciale gruppi di volontari li accolgono dando loro un pasto caldo. Una signora anziana non smette di piangere. Molti sono qui con i loro animali da compagnia: gatti e cani. Ci sono tanti bambini. Dopo la registrazione i profughi vengono portati in diverse zone della città per dormire. La mattina seguente, in un asilo, tutti si preparano per raggiungere la stazione e altri autobus che li porteranno verso ovest.
 

Ultimo aggiornamento: 15:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA