Ucraina, la lezione della conferenza di Monaco: così le concessioni a Mosca (pur di evitare la guerra) diventano una resa

Il timore è che la Russia stia provando a beffare l'Occidente come fece Hitler nel 1938 dopo la Conferenza che decretò l'apparente successo ma anche il definitivo fallimento della politica di appeasement del premier britannico Neville Chamberlain

Martedì 22 Febbraio 2022 di Raffaele Alliegro
Ucraina, la lezione della conferenza di Monaco: così le concessioni a Mosca (pur di evitare la guerra) diventano una resa

Il segretario di stato alla Difesa britannico Ben Wallace lo ha detto chiaramente nei giorni scorsi al Sunday Times: «C'è profumo di Monaco nell'aria». E ha dato voce a un timore che aleggia in questi giorni negli Stati Uniti e in Europa sui possibili sviluppi della crisi in Ucraina. Il timore cioè che la Russia stia provando a beffare l'Occidente come fece Hitler nel 1938 dopo la Conferenza di Monaco che decretò l'apparente successo ma anche il definitivo fallimento della politica di appeasement del premier britannico Neville Chamberlain. L'accostamento è stato provocatorio. E infatti le reazioni non sono mancate, a partire proprio da quelle dei diretti interessati: gli ucraini. Ma le dichiarazioni di Ben Wallace riflettono una preoccupazione crescente nelle cancelliere atlantiche: le concessioni a Mosca pur di scongiurare il conflitto rischiano di tradursi in una resa di fatto. Proprio come accadde alla vigilia della seconda guerra mondiale, quando alla Conferenza di Monaco, spinta da Chamberlain nella speranza di evitare l'escalation militare, Regno Unito e Francia acconsentirono all'annessione al Reich dei Sudeti, allora territorio della Cecoslovacchia rivendicato dal regime nazista.

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La lezione della conferenza di Monaco

«C'è un'atmosfera che ricorda Monaco in alcuni Paesi occidentali», ha quindi detto Wallace, evocando un nuova capitolazione in nome dell'appeasement: «Ciò che preoccupa è che nonostante l'aumento degli sforzi diplomatici, il potenziamento militare non si è fermato, è continuato», e l'invasione potrebbe avvenire «in qualsiasi momento». Il primo a dirsi contrario al paragone è stato proprio l'ambasciatore ucraino nel Regno Unito, Vadim Pristako.

E anche il governo britannico ha poi corretto il tiro facendo sapere che il segretario di stato non aveva alcuna intenzione di «tracciare un parallelo tra il presidente Vladimir Putin e Adolf Hitler, o tra gli alleati di allora e quelli di oggi». Resta la suggestione di un paragone tra la situazione attuale è quella del 1938, rievocata anche in un film sul vertice di Monaco proposto di recente su Netflix. C'è chi ha affermato e chi ha negato l'esistenza di analogie tra i due momenti. Oggi come allora, infatti, il dilemma ruota attorno a due aspetti cruciali in ogni trattativa. Fino a dove possono spingersi le concessioni per evitare la guerra? E quanto invece queste ultime non favoriscono proprio l'esplosione di un conflitto?

Alla vigilia della seconda guerra mondiale si decise di seguire la prima strada, quella dell'appeasement. Il 12 settembre Hitler minacciò di scatenare il conflitto se gli stati europei non avessero concesso il diritto all'autodeterminazione alla popolazione tedesca della zona cecoslovacca dei Sudeti. La conferenza si tenne il 29 e il 30 settembre. Chamberlain, Daladier, Hitler e Mussolini, leader di Regno Unito, Francia, Germania e Italia, si incontrarono a Monaco per trovare una soluzione. Chamberlain era convinto che per evitare la guerra fosse necessario un compromesso. L'accordo finale consentì infatti alla Germania di annettere vaste zone della Cecoslovacchia, che non fu neppure invitata a partecipare alle trattative. Tutti in Europa tirarono un sospiro di sollievo. Ma l'anno successivo Hitler invase la Polonia e diede inizio alla seconda guerra mondiale.

Ultimo aggiornamento: 19:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA