Ucraina, nell'avamposto in Romania ogni spazio diventa rifugio: profughi nel salone da ballo

Giovedì 17 Marzo 2022 di Camilla Mozzetti
Ucraina, nell'avamposto in Romania ogni spazio diventa rifugio: profughi nel salone da ballo

«Non è solo una questione di prossimità territoriale, c'è qualcosa di più che ci lega agli ucraini e che in questi giorni si è risvegliato vedendo donne e bambini persi al confine». Daniela Druta lavora al Ciprian Porumbescu art college di Suceava, la città rumena a meno di cinquanta chilometri dal confine con l'Ucraina, che dal 24 febbraio scorso ha iniziato ad ospitare migliaia di profughi in fuga. «All'inizio - dice Daniela - erano indiani per lo più, poi i flussi sono aumentati anche con gli ucraini provenienti da ogni parte del Paese». In due settimane la città, dove è arrivato il convoglio umanitario della Protezione Civile con farmaci e attrezzature mediche partito da Avezzano sabato scorso, ha accolto e dato assistenza temporanea a oltre 52 mila persone. Donne, bambini e anziani: flussi per lo più di passaggio, la maggior parte dei quali provenienti da ernivci, nella parte ovest dell'Ucraina, conosciuta dai più con l'appellativo piccola Vienna per via del passato austro-ungarico.

E lo ha fatto nei modi più diversi. Soltanto Daniela giovedì ho ospitato sei persone in una pensione e ha supportato una famiglia di Kiev a trovare riparo e un lavoro. «Il capofamiglia - racconta - è stato il primo violinista dell'orchestra presidenziale ucraina».

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LA FUGA
Ma quello che l'ha colpita di più è stata una donna che alla dogana di Siret - proprio sulla linea di confine con l'Ucraina, a 42 chilometri da Suceava - con cinque figli al seguito ha aspettato che il marito fosse autorizzato a passare il confine. Molti uomini e ragazzi, infatti, in questi giorni dopo il richiamo alle armi hanno fatto leva su una legge del parlamento rumeno del 1991 aggiornata poi nel 2010 che permette agli ucraini di avere la doppia cittadinanza per il cosiddetto diritto di sangue ovvero se hanno avuto - e riescono poi a dimostrarlo - parenti o congiunti residenti in Romania durante le due Guerre mondiali.
Ma a Suceava non è solo lo spirito umanitario dei civili a muovere la macchina dell'accoglienza. I profughi qui non restano, la città è solo un punto di snodo, di passaggio. La maggior parte delle persone è diretta verso altri Paesi e lo si vede dai conti dell'amministrazione comunale: per 9.869 persone entrate nei campi di accoglienza 9.753 se ne sono andate ma servono posti per ospitarli e allora il Municipio ha allestito camerate in ogni posto possibile: dalle chiese alle palestre delle scuole, come quella nell'istituto del quartiere Burdujeni che a ieri ha dato assistenza a 100 persone di cui 67 sordomute - fino ad un centro per i rifugiati creato ad hoc in uno edificio comunale.


I PRIVATI
Ancora: a muoversi anche degli imprenditori come Stefan Mandachi che ha messo a disposizione gratuitamente il suo hotel in Bulevardul Sofia Vicoveanca: non solo camere ma l'intera sala da ballo della struttura di 850 metri quadri è stata trasformata in dormitorio per i profughi. E poi gli aiuti portati oltre confine: qualche giorno fa il sindaco di Suceava, Ion Lungu, ha incontrato a Siret il suo omologo, Roman Kliciuk, primo cittadino di ernivci, con cui la sua comunità è gemellata. Cento kit di pronto soccorso, 18 serbatoi di acqua potabile, 14 tende militari e poi ancora 150 materassi e 150 sacchi a pelo tra gli aiuti portati a bordo di mezzi oltre il confine. Non solo aiuti però: a chi decide di restare, tra chi sta fuggendo dalla guerra, le autorità di Suceava stanno cercando anche un impiego per i profughi in vista della primavera con la ripresa delle attività legate soprattutto all'agricoltura nonché istituti scolastici dove iscrivere i bambini. A Suceava, per ora, della guerra è arrivato solo l'odore ma la paura è come un morbo contagioso: si legge sui volti dei profughi e diventa paura di tutti. «La gente - conclude Daniela - ha iniziato a fare le scorte ai supermercati e ai distributori di benzina, speriamo solo che questo orrore abbia presto una fine». Intanto la Croce Rossa Italiana è arrivata con un altro carico di aiuti umanitari. Proprio a Siret sarà allestita una base logistica di mille metri quadri con almeno quattro capannoni antineve, sul modello di quelli creati a Roma per gli hub vaccinali. «Questo polo - spiega Ignazio Schintu, direttore Area operazione emergenze e soccorsi della Croce Rossa - servirà a concentrare in un unico posto gli aiuti per poi farli partire con i volontari verso le città e i paesi dell'Ucraina secondo quelle che saranno le esigenze».

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Ultimo aggiornamento: 11:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA