Ucraina, l'Aeronautica italiana in trincea in Romania: così i nostri top gun sfidano i russi

Un giorno nella base di Costanza con i piloti in missione: «Impediamo gli sconfinamenti ai confini dell'Ucraina e difendiamo il territorio Nato»

Mercoledì 16 Marzo 2022 di Nicola Pinna
Due piloti italiani prima del decollo per una nuova operazione

dal nostro inviato
COSTANZA (Romania) Alle 7,30 del mattino i televisori della base sono tutti sintonizzati sui tg: canali diversi, notizie identiche.

Vista in tv la guerra sembra più lontana, ma da qui è davvero dietro l'angolo. A Costanza è ancora buio e la nebbia sembra più fitta del solito, sulle rive del Mar Nero. Il caffè è già pronto, sul grande tavolo della sala colazioni del comando-container. Ma il tempo di berlo, e di darsi una risposta, stavolta non c’è. L’altoparlante s’infiamma in anticipo, suona sempre più forte. «L’allarme, l’allarme, è ora di partire». L’incubo visto in tv si proietta subito sulla realtà.

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IL CONTRATTACCO
Basta chiacchiere, stavolta è tutta una questione di secondi. I due piloti qui non si possono far trovare impreparati. Tuta indossata già dalla sera, prima ancora di stendersi sul letto senza tra l’altro poter mai dormire. L’aereo è al centro dell’hangar, i meccanici corrono più veloci, controllano i missili agganciati alle ali, fanno l’ultima ispezione e danno il via. Nicola e Carlo, i due piloti italiani che oggi assicurano il pronto intervento, sono ai comandi già in pochi secondi: verifiche scrupolose sì, ma niente discussioni. Perché quando quell’allarme suona, il pericolo è già molto vicino. I caccia italiani superano facilmente la barriera del suono, ma gli altri non sono da meno. E se i radar della Nato anche oggi segnalano una minaccia dall’altra parte del cielo, significa che la situazione è davvero molto tesa, in questa striscia d’Europa che sfiora l’Ucraina sotto assedio e scruta all’orizzonte la grande Russia. Anche questo, insomma, è un pezzetto di trincea, il cuore di una battaglia silenziosa, sfiancante e invisibile. Perché la missione affidata all’Aeronautica italiana nell’est della Romania è per ora una guerra di nervi. Il problema si ripete quasi ogni giorno: gli aerei russi si avvicinano troppo allo spazio aereo della Nato e ogni volta bisogna ripetere la stessa operazione. Far decollare i caccia italiani e spedirli al confine il prima possibile: per dimostrare a quel nemico che sembra pronto anche a superare i limiti che la sorveglianza è costante e che l’accesso ora più che mai è vietato. Dall’altra parte della barricata ci provano di continuo, lo fanno da mesi e lo fanno ancora più frequentemente ora che la guerra semina morti e distruzione e terrorizza il mondo. Le minacce di Putin si proiettano nei cieli e così i piloti russi tentano di mettere a dura prova i sistemi di difesa di quel vicino diventato nemico acerrimo.

 

LA MISSIONE
Alle 8 e 3 minuti i due Eurofighter italiani son già spariti in aria. Decollo flash, in mezzo a un nuvolone che preannuncia una giornata primaverile. «Ancora non sappiamo esattamente cosa ci aspetta - dicono i due piloti, poco prima di dare gas ai motori - Al rientro vi racconteremo tutto quello che abbiamo fatto». La missione dura quasi due ore, oggi è più lunga del solito. Nel frattempo, gli altri equipaggi attendono o temono una nuova chiamata. Perché in queste giornate di bombe, attacchi indiscriminati e distruzione, la minaccia si è fatta molto più concreta. Il cielo in cui sventola la bandiera dell’Alleanza Atlantica è sorvegliato da due grandi sale operative: una in Germania e un’altra in Spagna. E qui a Costanza, dove ha sede la Task Force Air “Black Storm”, le emergenze possono ripetersi anche una dopo l’altra. L’ordine è imprevedibile, la reazione immediata. E per questo nel piazzale accanto alla pista sono pronti anche altri sei aerei italiani. I tecnici dell’hangar, oggi coordinati dal capitano Lidia, approfittano dell’apparente (e temporanea) tranquillità per le ultime ispezioni. «I velivoli devono sempre essere in grado di assicurare un intervento immediato - ripete il pilota Emanuele, che quando non vola comanda il task-group della base - Dal momento in cui la centrale Nato innesca l’allerta noi siamo in grado di decollare entro dieci minuti. E per questo i nostri team passano il loro turno all’interno di “bolle” che includono i piloti e il personale tecnico: tutti mangiano e riposano vestiti, pronti a entrare in azione».

UN GIORNO NELLA BASE
A supporto di questa operazione, nata per rafforzare la difesa aerea della Romania e diventata retropalco di una guerra spietatissima, ci sono in queste settimane anche i jet della Germania. Nella base sono arrivati da poco anche mille statunitensi, quelli che il Pentagono ha spostato dalla Polonia alla Romania per difendere meglio la casa degli alleati. Gli elicotteri Black Hawk dell’Us Air Force si alzano in volo per tutto il giorno. Il clima non è quello di una qualunque base internazionale. I top gun italiani fanno da anni missioni di “air policing” tra l’Est e il Nord Europa ma qui devono anche affrontare un’altra sfida, quella di non farsi coinvolgere troppo dalla tensione e cascare nella trappola di una battaglia. Il bersaglio degli attacchi da qui è davvero dietro l'angolo, a meno di dieci minuti di volo. Il Mar Nero d’altronde è lì, Odessa a un tiro di schioppo di jet e il Donbass incendiato dai razzi solo poche miglia più in là. «Ma per noi ogni missione è uguale alle altre - giura il comandante della base, il colonnello Morgan Lovisa - Quando siamo a bordo dobbiamo concentrarci e non possiamo sbagliare nulla. D’altronde questo lavoro di “scramble” lo facciamo da prima che cambiasse il contesto internazionale e lo abbiamo fatto in passato in altre zone d’Europa. Certo, in questo periodo la frequenza dei decolli è maggiore. La missione resta la stessa: allontanare i velivoli che tentano di entrare nello spazio aereo che ricade sotto la nostra sorveglianza». Il contatto diretto, in questi giorni, è un rischio altissimo. E certe crisi si innescano anche così.

L’ESCALATION
Oramai la tecnica è collaudata: i velivoli russi fanno scattare l’allerta avvicinandosi a gran velocità ai confini segnati tra le nuvole ma per ora tornano sempre indietro. Una sfida continua e i jet dell’Aeronautica però non si fanno prendere alla sprovvista. Nicola e Carlo, i piloti partiti di buon mattino per la prima missione del giorno, tornano a terra dopo due ore: «Anche oggi è andata più o meno come sempre, la sala operativa ci aveva segnalato alcune tracce nell’area a nord-est della Romania, quindi al confine con l’Ucraina - raccontano i due maggiori - Non avevamo informazioni aggiuntive sul velivolo che si stava avvicinando allo spazio aereo da sorvegliare e quando siamo arrivati non abbiamo trovato traccia. Però abbiamo pattugliato quell’area per tutto questo tempo per evitare che si ripresentasse. Non si trattava di un aereo civile che aveva perso le comunicazioni, altrimenti lo avremmo incontrato». Mentre distruggono l'Ucraina per prendersela, i russi hanno anche il tempo di provocare i piloti italiani.
 

Ultimo aggiornamento: 12:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA