Terroristi italiani in Francia, fra omicidi, sequestri e attentati: il curriculum dei condannati che Parigi ha preferito coprire

Responsabili di attentati e omicidi che non si possono dimenticare: soltanto tra il 1969 e il 1982, i feriti sono stati 1.100 feriti e 350 i morti

Mercoledì 29 Marzo 2023 di Cristiana Mangani
Terroristi italiani in Francia, fra omicidi, sequestri e attentati: il curriculum dei condannati che Parigi ha preferito coprire

Hanno famiglie, figli e, qualcuno, anche carriere brillanti. Eppure, ognuno di loro rappresenta una ferita aperta per l’Italia. Dal fondatore di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani, ritenuto il mandante dell’omicidio Calabresi, a Sergio Tornaghi; dalla colonna Walter Alasia a Narciso Manenti, condannato all’ergastolo per l’omicidio a Bergamo dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri.

Veri e propri leader in quegli anni di stragi ed esecuzioni per strada, i più difficili per Milano, per Roma e per l’intero Paese. Responsabili di attentati e omicidi che non si possono dimenticare: soltanto tra il 1969 e il 1982, i feriti sono stati 1.100 feriti e 350 i morti. 

Il nome più noto dell’elenco dei dieci italiani arrestati (e rilasciati) due anni fa in Francia nell’operazione chiamata “Ombre rosse”, è l’unico che non ha fatto parte di una banda armata: Giorgio Pietrostefani, abruzzese, 79 anni, da giovane promettente tennista e con incarichi da dirigente in prestigiose aziende, legato a una delle pagine più buie della storia italiana. Fondatore di Lotta Continua, è ritenuto il mandante dell’omicidio del commissario di Pubblica sicurezza Luigi Calabresi. Condannato in via definitiva in Italia, ha mantenuto una residenza regolare in Francia e ha lavorato, conducendo quella che il suo amico ed ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri ha definito «la vita discreta di un vecchio uomo e nonno». Di recente ha avuto alcuni problemi di salute, che l’hanno portato anche a un trapianto di fegato. A Parigi ha incontrato Mario Calabresi, giornalista e figlio del commissario ucciso, ma di quel faccia a faccia non è mai stato rivelato il contenuto.

L’ERGASTOLO
Altre sei persone comprese nella lista hanno fatto parte delle Brigate rosse, e tra queste, due donne condannate all’ergastolo: Marina Petrella, 68 anni, e Roberta Cappelli, 67, entrambe aderenti alla colonna romana. Petrella è tra i responsabili dell’omicidio del generale Enrico Galvaligi, ucciso la sera del 31 dicembre 1980, ed è stata coinvolta anche nel sequestro del giudice Giovanni D’Urso, rapito a dicembre ‘80 e rilasciato il mese successivo. Nel 2008 è stata arrestata a Parigi e i giudici stavano per estradarla quando l’allora presidente Nicolas Sarkozy decise di non riconsegnarla all’Italia, in considerazione delle sue precarie condizioni di salute e per l’interessamento diretto della cognata, l’attrice italiana Valeria Bruni Tedeschi, che era andata a visitarla in carcere. 

Anche Cappelli è stata condannata per il delitto Galvaligi, a cui si aggiunge l’omicidio dell’agente di polizia Michele Granato, assassinato un anno prima, nel novembre ‘79. Tra i reati addebitati alle due ex brigatiste c’è poi il ferimento del vice-questore della Digos di Roma Nicola Simone, colpito il 6 gennaio 1982. Per quell’attentato fu ritenuto responsabile pure Giovanni Alimonti, 67 anni.

Restano Enzo Calvitti, Narciso Manenti, Sergio Tornaghi, Maurizio Di Marzio, Raffaele Ventura e Luigi Bergamin. Hanno tutti un’età compresa tra i 61 e i 79 anni. Manenti è stato ritenuto colpevole dell’omicidio dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, 50 anni, ucciso davanti al figlio 14enne in uno studio medico. 
Anche gli altri 5 terroristi hanno all’attivo omicidi e la partecipazione alla banda armata. Qualcuno fa il ristoratore, altri il giardiniere. Da ieri continueranno a essere considerati rifugiati politici in Francia, grazie alla “dottrina Mitterand”.
 

Ultimo aggiornamento: 14:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA