«Lo scambio è avvenuto l'8 maggio in una zona a 30 chilometri da Mogadiscio. La giovane donna è arrivata indossando i tradizionali abiti delle donne somale ed è apparsa in buona salute». È quanto afferma il quotidiano keniota The Nation, tracciando un retroscena della varie fasi dell'indagine e della trattativa sfociata nel rilascio di Silvia Romano. In particolare, fu decisivo un un incontro dello scorso luglio a Roma, tra i vertici della giustizia kenioti e quelli della Procura romana dove si sono gettate le basi per la liberazione della giovane.
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Per la parte keniota parteciparono all'incontro il director of Public Prosecution Noordin Haji e il director of Criminal Investigations George Kinoti. Per la parte italiana, scrive The Nation, erano presenti, tra gli altri, l'allora procuratore generale di Roma Giovanni Salvi e il pm incaricato delle indagini sul rapimento, Sergio Colaiocco. Nell'incontro venne deciso l'invio di un team di specialisti italiani dell'anti terrorismo in Kenya, per assistere nelle indagini, che sarebbero comunque rimaste nelle mani dell'ufficio guidato da Kinoti. È questo team italiano ad aver scoperto che la Romano era stata trasferita in Somalia.
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Da quel momento, scrive The Nation, sono stati avviati i tentativi di entrare in contatto con i rapitori. Secondo la ricostruzione dell'emittente News 1, che coincide con quella dei media italiani, i negoziati per la liberazione della cooperante sono stati avviati a gennaio, dopo la comparsa di un video nel quale la Romano affermava di essere in buone condizioni. «Da allora - afferma News 1 - sono trascorsi altri tre mesi di faticose trattative e durante i quali è stato autorizzato il pagamento di un riscatto».
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The Nation sottolinea che dopo che la Romano venne prelevata da uomini armati dal villaggio di Chakama, nella contea di Kilifi, la polizia keniota ha effettuato tre arresti.
🔴#SilviaRomano foto di gruppo con famiglia all'aeroporto di Ciampino pic.twitter.com/kynHHzABP8
— Tg La7 (@TgLa7) May 10, 2020
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