Putin adesso è più solo, crepe al Cremlino: aver disertato il G20 ha aumentato l’isolamento dello Zar

La presa di distanza di Pechino pesa sul futuro. E in Russia cresce il dissenso

Martedì 15 Novembre 2022 di Cristiana Mangani
Putin adesso è più solo, crepe al Cremlino: aver disertato il G20 ha aumentato l isolamento dello Zar

La decisione di non andare al G20 è stato il primo forte segnale dell’isolamento di Putin. Con chi avrebbe potuto tentare accordi o mediazioni? Nell’ultimo mese la Russia è passata dai trionfi legati all’annessione delle quattro province ucraine, all’annuncio del ritiro da Kherson: 30 mila uomini e 6 mila mezzi hanno abbandonato la riva destra del gran fiume Dnepr. Il viaggio a Bali avrebbe dovuto rappresentare la possibilità di trovare qualche sponda tra gli altri partecipanti, come la Cina, l’India, il Sud Africa, l’Arabia Saudita, o l’ospitante Indonesia, che nel corso del conflitto hanno mantenuto una linea discreta senza avanzare troppe accuse nei confronti di Mosca. Ma l’incontro tra Xi Jinping e Joe Biden ha reso più difficile il progetto.

La risoluzione

Nel frattempo la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite - con la quale si chiede che la Russia sia responsabile per le sue violazioni della legge internazionale in Ucraina -, pur essendo stata approvata con 94 voti a favore, ha avuto 73 astenuti. Mentre Iran e Cina figurano tra i 14 Paesi che si sono opposti.
Nonostante questo la decisione dello zar di rimanere al Cremlino è sembrata agli analisti una decisione saggia, anche perché la situazione nel Paese sembra farsi sempre più pesante nei suoi confronti.

E la disfatta militare si è spostata a quella politica. Infatti, per la prima volta, sono usciti fuori i profeti, come Aleksandr Dugin, che, pur confermando il suo sostegno a Putin, nei giorni scorsi ha lanciato il suo avvertimento: «Diamo al sovrano la pienezza assoluta del potere per proteggere il popolo e lo Stato nei momenti critici; se nel farlo si circonda di spiriti maligni o sputa sulla giustizia sociale, questo è spiacevole, ma sappiamo che ci protegge. E se invece non ci protegge? In quel caso lo attende il destino del Re delle piogge» - ha scritto su Telegram in un post che ha poi cancellato. Nella leggenda il Re delle piogge, alla fine, viene ucciso.

 


Insomma, il filosofo tanto vicino all’ideologia putiniana ha evocato la destituzione del presidente. E allora, lasciare il Paese per andare a un G20 dove non avrebbe trovato sostegno, è sembrata forse la cosa meno opportuna da fare. Dopo l’annuncio del ritiro da Kherson, i militari sono disorientati per le decisioni prese, ma anche per le tantissime perdite. E a Mosca è diventata sempre più profonda la divisione tra falchi e colombe, con contestazioni ormai sempre più allo scoperto.
Tanti gli errori che vengono evidenziati: valutazione sbagliate, generali sollevati dall’incarico, bugie pronunciate invano nel tentativo di vincere una guerra che lo zar non ha nemmeno definita tale. Il Putin settantenne di oggi è un uomo costretto a ostentare ottimismo di fronte al disastro incombente. Inoltre, la ritirata, lui, non la avrebbe voluta. Ma le sanzioni pesano e l’Ucraina ha continuato a resistere, forte anche dei sostegni dei paesi Nato. E in tutto questo scenario, mai avrebbe pensato di udire voci di sodali che gli devono tutto - patrimoni e privilegi enormi -, che cominciano a parlare di errori politici dietro le disfatte militari e a mettere in discussione i suoi stessi organigrammi. Perché adesso sentono che lui potrebbe andare a fondo e vogliono salvarsi, magari disarcionandolo.
Ieri, poi, in una situazione già particolarmente difficile, si è inserita anche la notizia del malore del ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov. «È stato ricoverato in ospedale dopo il suo arrivo a Bali», ha comunicato l’Associated press. Non bastava Putin che aveva dato forfait, per «esigenze interne che richiedono la sua presenza in Russia». Anche il plenipotenziario dello zar sembrava finito fuori uso. A stretto giro la portavoce del ministero, postando un video sul suo canale Telegram, ha smentito ogni cosa: «Siamo al livello più alto di fake news». E in realtà, a giudicare dalle immagini circolate, il capo della diplomazia russa sembra stare bene. E per confermare che il malore non c’è stato dovrà, probabilmente, agganciare la delegazione di Pechino che risiede nello stesso resort The Mulia. Un compito non facile, dopo le tre ore di colloquio Biden-Xi e la sintonia sull’Ucraina tra i due. 

La rivelazione

Mosca insomma appare sempre più sola e non è un caso se una fonte cinese, proprio ieri, al Financial Times ha aggiunto un altro pesante carico confidando che «Putin non disse la verità a Xi sull’imminente inizio della guerra», lasciando Pechino in una situazione «difficile». Perché la Cina aveva 6.000 civili residenti in Ucraina», «non avevamo preparato alcun piano di evacuazione e ci siamo trovati in una posizione terribile - è ancora la rivelazione -, qualcuno è morto in quei giorni». Se il caos creato dallo zar può arriva a danneggiare anche “l’amico” cinese, di certo i tempi per lo zar saranno sempre più difficili.

Ultimo aggiornamento: 11:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA