Putin costretto a contromosse sul Mar Nero, così Kiev con i droni Bayraktar ha cambiato la guerra navale

La prima azione avvenuta da bombe radiocomandate dell'Ucraina è stata nelle prime ore del 29 ottobre, quando più di una mezza dozzina di droni ha attaccato la flotta russa del Mar Nero a Sebastopoli

Lunedì 28 Novembre 2022 di Cristiana Mangani
I droni Bayraktar, così Kiev ha cambiato la guerra (e costretto Mosca a contromosse)

droni Bayraktar sono stati fondamentali per la difesa dell’Ucraina contro l’invasione russa. Dai mezzi corazzati di terra, alle navi attorno all’Isola dei Serpenti, questi sistemi prodotti dall’azienda turca Baykar hanno messo seriamente in difficoltà le forze di Mosca.

E nonostante l’invasione sia ancora in corso, Baykar è intenzionata ad avviare la costruzione di un impianto di produzione di droni proprio in Ucraina, che sarà completato nei prossimi due anni.

Le capacità dei droni di mettere ko le forze russe si vedono quotidianamente sul campo. Il 18 novembre un lampo improvviso ha colpito il porto russo di Novorossiysk. Si ritiene che l'esplosione sia stata causata proprio da un drone in dotazione agli ucraini: velivoli di superficie senza equipaggio che stanno cambiando gli equilibri di potere nel Mar Nero e potrebbero rimodellare profondamente il futuro della guerra navale.

Ucraina, il primo attacco con i droni

La prima azione avvenuta da bombe radiocomandate dell'Ucraina è stata nelle prime ore del 29 ottobre, quando più di una mezza dozzina di droni ha attaccato la flotta russa del Mar Nero a Sebastopoli. I filmati delle telecamere di bordo diffusi da Kiev, mostravano l'intervento dal mare. Il ministero della Difesa russo ha replicato dicendo che nove droni aerei e sette droni marini hanno causato solo «danni insignificanti» contro una nave, il dragamine Ivan Golubets. Analisti indipendenti, invece, hanno spiegato che anche la fregata Admiral Makarov sarebbe stata gravemente danneggiata, anche se non sembra essere affondata. Ma non sono gli affondamenti il ​​segno del successo. È che questi droni stanno causando grande timore nella marina russa. «Non è la prima volta che viene utilizzato - ha dichiarato un analista indipendente della Difesa, Hi Sutton -. Ma è la prima volta che ottiene successo su larga scala. È molto quello che possiamo aspettarci andando avanti. Sarebbe quasi irrealistico in un conflitto futuro non utilizzarli».

Il ruolo strategico dei droni

Fermo restando che di guerre nessuno vorrebbe sentirne più parlare, c'è da dire che il successo dei droni non risiede nel danno relativamente modesto che possono infliggere, quanto nella proiezione della minaccia. Il raid del 29 ottobre ha preso di mira principalmente le navi fuori dallo stretto ingresso della baia di Sebastopoli, ma almeno una o due barche sembrano essere entrate all'interno, penetrando in quelle che avrebbero dovuto essere zone inespugnabili del porto strategicamente più importante della Russia. Questo da solo è un risultato importante. Riuscire a navigare con un drone a Novorossiysk, zona che si riteneva fosse fuori dalla portata degli attacchi ucraini, è un fatto doppiamente allarmante per i russi.

«Mosca ha completamente cambiato la posizione difensiva a Sebastopoli e Novorossijsk - ha chiarito ancora Sutton -. Hanno aumentato le barriere galleggianti all'imboccatura del porto e hanno cambiato le procedure per chiuderle molto più frequentemente. Ogni nave da guerra, anche una potente nave da guerra, che lascia Sebastopoli è ora scortata da navi veloci».

Le conseguenze sul Mar Nero

In combinazione con una serie di altre minacce, gli attacchi dei droni hanno contribuito a confinare efficacemente la flotta russa nei suoi porti sul Mar Nero. Questo è d'aiuto agli ucraini per riuscire a proteggere le rotte marittime critiche fuori da Odessa e ridimensiona la minaccia di bombardamenti o assalti anfibi della costa sud-occidentale non occupata dell'Ucraina. Comunque, i sottomarini russi, che secondo le marine occidentali sono molto più efficaci e ben gestiti della flotta di superficie, rimangono una forte minaccia. Anche se il dominio un tempo indiscusso di Mosca sulla guerra marittima sembra davvero finito.

La flotta di Kiev

Prima dell’invasione della Crimea il paese non aveva alcun drone in dotazione, ma negli ultimi otto anni le forze armate ucraine hanno creato una piccola flotta di 300 droni basati sull'A1-SM Fury e sul Leleka-100 da ricognizione, a cui si è aggiunto il già citato Bayraktar TB2, un drone di media altitudine e lunga resistenza di fabbricazione turca, che ha un'autonomia di 27 ore, vola a 7620 metri di altezza e può effettuare missioni di ricognizione e attacco al suolo utilizzando quattro bombe a guida laser montate sotto le ali da 12 metri. Oltre a questi, l'Ucraina dispone anche di grandi droni da ricognizione Tu-141 di epoca sovietica e di piccoli droni statunitensi Switchblade. Come lo Zala Kyb russo, lo Switchblade è una munizione per il trasporto di soldati che può volare per 40 minuti e trasporta una testata abbastanza grande da penetrare la corazza dei carri armati. 

I Phoenix Ghost

Tra le forniture occidentali, l'Ucraina sta ricevendo gli statunitensi Phoenix Ghost. Anche questi sono munizioni circuitanti che possono attaccare sia i veicoli che i singoli soldati e si aggiungono ai Furias, i Pumas, i droni di sorveglianza ScanEagle e gli Anka turchi. Si è parlato anche dell'acquisto da parte dell'Ucraina di quattro droni americani MQ-1C Gray Eagle armati di missili Hellfire, ma Washington si è opposta per paura che uno dei velivoli potesse cadere nelle mani dei russi. Nel frattempo, Norvegia e Gran Bretagna stanno donando i microdroni Black Hornet, che sembrano elicotteri giocattolo e sono abbastanza piccoli da stare nel palmo di un soldato per le operazioni di ricognizione urbana.

La storia dei droni 

L'utilizzo dei droni non è una novità. Anche prima che Sir Francis Drake inviasse navi da fuoco contro l'Armada spagnola nel 1588, gli ammiragli pensarono a come avvicinarsi al nemico senza rischiare i propri equipaggi. Le marine occidentali - e le marine reali e statunitensi in particolare - hanno pensato il modo migliore per respingere l'arrivo di queste “piccole imbarcazioni” da quando un attentatore suicida di al-Qaeda su un motoscafo ha attaccato la Uss Cole nel 2000. Ma da allora anche il terrorismo ha cambiato i suoi sistemi, puntando maggiormente sulla tecnologia. Il controllo da remoto ora consente di fare a meno dei timonieri kamikaze, e la riduzione dei costi significa che questi sistema di attacco possono essere realizzati e schierati rapidamente e in gran numero.

Le immagini

Le immagini rilasciate dall'esercito ucraino - e una fotografia da fonti russe di una barca che si è arenata sulla costa della Crimea due settimane prima del raid di Sebastopoli - mostrano un motoscafo dalla prua affilata e dal baglio stretto lungo circa 18 piedi. A poppa, c'è una torre bassa contiene quello che potrebbe essere il sistema di comunicazione utilizzato per il controllo, forse un terminale Starlink.

Starlink, provider Internet satellitare di proprietà di Elon Musk, è stato ampiamente utilizzato dalle forze di terra ucraine per le comunicazioni sicure in battaglia. Sempre sullo stesso barchino, alcuni pezzi visibili sono due detonatori a pressione presi dalla bomba aerea FAB-500 di progettazione sovietica. Non sembrano molto sofisticati. Ulteriori dettagli - compreso chi pilota le barche telecomandate e da dove provengono - rimangono un segreto militare ucraino.

Le accuse

La Russia ha accusato la Gran Bretagna di coinvolgimento, un'accusa che il Ministero della Difesa nega. Il ministero della difesa ucraino, che ha fatto appello al crowdfunding per costruirne di più, ha fissato il prezzo unitario a 10 milioni di grivnie ucraine, ovvero circa 222.000 sterline. Non economico per gli standard civili, ma un ottimo prezzo per abbattere una nave da guerra multimilionaria.

Entrambe le parti in guerra fanno ampio uso di droni in volo: dai Bayraktars appositamente costruiti (preferiti dall'Ucraina) e Orlan 10 (il principale drone da ricognizione della Russia), a economici dispositivi "kamikaze" Shahed 136 di costruzione iraniana e quadricotteri acquistati in negozio modificati per sganciare bombe a mano. In mare le cose cambiano: le navi da guerra sono troppo grandi e complesse per riuscire a muoversi senza equipaggio

Tuttavia, «i droni sono decisamente la via da seguire», ha detto Ali Kefford, giornalista di strategia militare navale -. Gli ucraini sono anche molto esperti negli attacchi dal mare con i drtoni. Ed è in quella direzione che stanno andando tutti». Negli ultimi anni i ribelli Houthi nello Yemen hanno utilizzato diverse imbarcazioni senza equipaggio guidate da operatori a terra, contro la marina saudita e le navi cisterna nel Mar Rosso. Più lungimirante è stato l'Iran che, secondo i governi occidentali, ha costruito centinaia di velivoli di questo tipo  e sta preparando una possibile resa dei conti con l'Occidente.

Il vantaggio dei droni è nei numeri: ne basta uno per mettere a segno il colpo, ed è incredibilmente difficile anche per le moderne navi da guerra rispondere contemporaneamente a una dozzina o più, di minacce come questa che procedono in rapido movimento. La migliore protezione per una nave da guerra veloce come una fregata o un cacciatorpediniere è il mare agitato o la navigazione fuori dal raggio d'azione del drone. Ma in uno spazio ristretto come il porto di Sebastopoli, o anche in un piccolo mare come il Golfo Persico o il Mar Nero, questo è impossibile.

Le marine convenzionali - in particolare la Royal, americana e cinese - hanno già sperimentato i propri programmi di veicoli di superficie senza equipaggio. Ma la maggior parte di questi programmi si concentra sulla ricognizione e sulla protezione della forza. Gli attacchi degli sciami, ha aggiunto Sutton, sono stati generalmente visti come una minaccia da contrastare piuttosto che un'opportunità da sfruttare, forse a causa dell'associazione con gli attentatori suicidi.

Ultimo aggiornamento: 19:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA