Putin, un assist da Boris Johnson: ecco perché le dimissioni (e le tensioni Conte-Draghi) fanno felice lo zar

Mosca esulta per la caduta del primo ministro britannico

Giovedì 7 Luglio 2022 di Francesco Malfetano
Putin, un assist da Boris Johnson: ecco perché le dimissioni (e le tensioni Conte-Draghi) fanno felice lo zar

«Speriamo che persone più professionali e in grado di prendere decisioni attraverso il dialogo arriveranno un giorno al potere in Gran Bretagna». Così, senza troppi giri di parole, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha salutato le dimissioni del premier inglese Boris Johnson. Il terremoto politico britannico del resto, al pari delle difficoltà registrate in Italia da Mario Draghi e in Francia da Emmanuel Macron, diventa un assist indiretto per Mosca.

Non solo perché uno dei più convinti sostenitori di Kiev alza ora bandiera bianca ma anche perché, più in generale, un governo diviso è meno incline ad offrire sostegno ad un altro Paese. Lo ha già dimostrato ad esempio lo scarso interesse del cancelliere Olaf Scholz nell'adozione di nuove sanzioni nei confronti della Russia.

Dimissioni Johnson, l'esultanza di Putin

Inevitabile quindi l'esultanza di Vladimir Putin e dei suoi fedelissimi. BoJo, com'è soprannominato al di là della Manica il quasi ex inquilino di Downing street, è stato uno dei pochissimi leader occidentali ad essere volato per ben due volte nella Capitale ucraina a portare il suo sostegno a Volodymyr Zelensky. Un sostegno che poi si è spesso concretizzato in un invio massiccio di armi, con il Regno Unito che è stato il solo Paese del Vecchio Continente a mettere a disposizione dei soldati di Kiev i propri missili a lungo raggio. In altri termini l'Ucraina perde un alleato di ferro.

 

Le tensioni nel governo Draghi

E, appunto, a guardare il delicato scacchiere politico europeo potrebbe anche non essere neppure l'ultimo. Le fibrillazioni interne al governo di Mario Draghi ad esempio - in questo momento alle prese con la fiducia alla Camera sul Dl Aiuti - sono un altro sintomo della capacità divisiva di un tema delicato come la guerra. Appena due settimane fa del resto, alla vigilia della lunga girandola di vertici internazionali che hanno visto Draghi protagonista assoluto, l'esecutivo italiano è stato nuovamente sul punto di interrompere la propria azione di governo per le recriminazioni pentastellate sull'invio di nuove armi a Kiev. E chissa che il premier non si riferisse anche a questo quando poi, a margine del G7 tedesco di Elmau, ha lanciato il suo monito contro il populismo che - come dopo la crisi del 2008 - potrebbe tornare a causa delle tensioni sociali ed economiche derivate dall'aumento dei costi dell'energia. 

Il caos in Francia

Non se la passa meglio il francese Emmanuel Macron che è uscito ridimensionato dalle elezioni legislative di giugno.  E un Macron debole è un mediatore meno forte nelle lunghe trattative con Putin. Lo scenario in tal senso è particolarmente articolato. Una Francia meno capace di mediare rende l’Europa più debole e appiattita sui desiderata americani e, di conseguenza, anche Putin più invogliato a fare maggior pressione sul Vecchio Continente. Il tutto sempre tenendo a mente che la Francia è estremamente importante anche per quanto riguarda la stabilità dell’Africa, da cui si teme che il Cremlino possa lanciare una sua "offensiva" migratoria per tenere sotto scacco l'Europa. 

Ultimo aggiornamento: 8 Luglio, 15:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA