Chi è Putin? Dall'infanzia difficile alla democratura in Russia: il KGB, l'eredità di Eltsin e la Costituzione

L'infanzia a Leningrado, il ruolo nel KGB, l'amicizia con gli oligarchi e la costituzione modificata per restare al comando della Russia più di Stalin

Martedì 15 Marzo 2022
Putin story, dal bambino bullizzato all'uomo che ha portato il mondo sull'orlo di una guerra nucleare

«Colpire per primo, colpire forte». Vladimir Putin ha imparato questa legge quando era un bambino di Leningrado, e ne ha fatto un mantra. L'ha imparato - come ha raccontato lui stesso - quando un topolino messo all'angolo è riuscito a sfuggirgli saltandogli addosso. Da quel giorno, Putin ha deciso che non avrebbe più indugiato, in tutta la sua vita. La lezione, ripetuta il giorno della sua elezione ormai 22 anni fa, gli è servita anche adesso, quando ha deciso di aggredire l'Ucraina, colpendo per primo appunto. 

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Dalla kommunalka al Cremlino

Putin non ha mai nascosto le sue origini umili. È cresciuto in una kommunalka, una di quelle abitazioni simbolo del popolo sovietico.

Era gracilino e veniva spesso preso di mira dai bulli, ma non si tirava mai indietro. La sua voglia di imparare a difendersi l'ha portato poi a diventare cintura nera di Judo. A 16 anni provò a entrare nel KGB, l'agenzia dei servizi segreti russi, ma venne respinto. «Ti serve almeno un titolo di studio». Così, prima di entrare ufficialmente nell'organizzazione, si laureò in legge proprio a San Pietroburgo. 

 

Nel KGB ci è entrato ufficialmente nel 1985 ed è rimasto operativo fino al 1989. È diventato un tenente colonnello ed è stato inviato in missione in Germania, a Dresda, usando lo pseudonimo Platov. Il suo compito era raccogliere informazioni sui dissidenti. La notte del 5 dicembre 1989, meno di un mese dopo la caduta del Muro di Berlino che diede inizio alla caduta dell'Urss, il tenete colonnello Putin chiamò la guarnigione sovietica di stanza a Potsdam chiedendo aiuto per fermare una folla inferocita, che aveva circondato la palazzina del Kgb e minacciava di assaltarla. La risposta fu negativa: «Aspettiamo ordini da Mosca, ma il centro tace». Un'umiliazione che Putin si portò dietro a lungo e fu un altro dei pulsanti che spinserò la sua ascesa.

Al ritorno in Russia si schierò con l’ala favorevole alla perestrojka di Gorbaciov. A San Pietroburgo, nel 1990 entrò nell'amministrazione del sindaco Sobcak. La sua vita però cambia ufficialmente nel 1996, quando si trasferisce a Mosca ed entra nello staff del presidente Boris Eltsin. Cominciarono ad accorgersi di lui quando divenne capo del Consiglio di Sicurezza Federale (ex KGB). Nel 1999 viene nominato da Elstin primo ministro. Qualche mese più tardi, quando l'allora presidente a sorpresa, diventa capo dello Stato. 

 

Le elezioni e la Costituzione modificata per restare al potere

Alle sue prime elezioni nel 2000, viene confermato con il 53% delle preferenze. L'azione militare che aveva diretto in Cecenia, nella quale aveva riportato una brutalità che non si vedeva da tempo, gli aveva garantito i voti di chi sognava una Russia di nuovo potente e protagonista nello scacchiere geopolitico. Ha ordinato la distruzione di Grozny, assediata e bombardata (lo stesso destino si teme per Kiev). In quegli anni l'Occidente non gli sembrava così ostile. È stato tra i primi a contattare Bush dopo l'attacco alle torri gemelle e aspirava all'ingresso nella Nato, prima di rendersi conto che non sarebbe mai stato possibile e crescesse l'odio nei confronti dell'ovest. 

Nel 2004 rivince le elezioni con il 75% dei voti. Un plebiscito, favorito da un'opposizione debole. Secondo la Costituzione russa, sarebbe dovuto essere il suo ultimo mandato. Nessun presidente poteva essere rieletto più di due volte. Così, quando scade il suo mandato nel 2008, a candidarsi per portare avanti l'opera di Putin, è Dmitrij Medvedev che vince e nomina Putin primo ministro. Un ruolo fittizio, che gli permette di continuare a governare il paese, operando (per la legge) da numero 2 del Cremlino. Nel 2012 si ricandida e vince ancora con il 60% delle preferenze. Lo stesso risultato lo ottiene nel 2016, nonostante le tantissime critiche per l'annessione della Crimea che aveva aperto la faida con l'Ucraina. A garantirgli il successo anche le amicizie con gli oligarchi, che hanno finanziato le sue campagne e che oggi sono bersaglio delle sanzioni. I brogli denunciati, gli arresti o le scomparse di chi lo contestava, non sono bastati all'Occidente per intervenire su quella che, a tutti gli effetti, è sempre stata una "democratura".  

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Nel 2020 arriva il colpo da maestro. Con un referendum che modifica la Costituzione, Putin si garantisce il diritto di governare fino al 2036, azzerando i suoi mandati precedenti. Potrà ricandidarsi per altri due mandati. Se arrivasse a quella data, sarebbero 37 anni di governo. Nessuno, neanche Lenin rimasto al potere 29 anni, è riuscito a tanto. 

Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 00:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA