Professoressa uccisa dal compagno. Agli amici diceva: «Se mi succede qualcosa è stato lui»

Lunedì 27 Aprile 2020 di Federica Macagnone
Professoressa uccisa dal compagno. Agli amici diceva: «Se mi succede qualcosa è stato lui»

Ella Diebolt Jackson, 48enne professoressa universitaria del Kentucky, viveva nel terrore. Osava uscire dalla sua stanza da letto sporadicamente per paura di quell’uomo che aveva sposato e dalla quale voleva solo separarsi. Aveva resistito alle violenze domestiche per il timore di perdere l’affidamento del suo bimbo di 6 anni, ma quando ha avuto paura di morire si è rivolta a un avvocato. Tre giorni prima di scomparire era andata a consultare un legale, ma sapeva che ogni minuto vissuto in quella casa poteva esserle fatale: «Se mi succede qualcosa, è stato mio marito».
 
Un grido di aiuto rimasto inascoltato. Ella è scomparsa a ottobre e di lei si è persa ogni traccia. Glenn Jackson, il marito 39enne, è stato arrestato venerdì scorso dopo che la polizia ha esaminato la sua macchina e ha trovato una grande quantità di sangue nel bagagliaio della sua auto. Adesso è accusato di omicidio, violenza domestica e inquinamento delle prove.
 
Ella Jackson, che insegnava inglese presso la Eastern Kentucky University, è stata vista per l'ultima volta il 22 ottobre. Appena tre giorni prima aveva incontrato un avvocato per chiedere una consulenza e riferirgli che subiva violenze domestiche e registrava in segreto le conversazioni con il marito per avere delle prove.
 
«Aveva avuto tanta paura di lui e aveva detto a diverse persone che se mai le fosse successo qualcosa, la responsabilità era di suo marito» ha raccontato Jason Hans, l’ex marito della donna, anche lui professore all'Università del Kentucky. «Dopo anni bloccata in un vortice di violenza, Ella aveva recentemente iniziato a lavorare seriamente con un avvocato per uscire da quella relazione - ha scritto venerdì Hans in un lungo post su Facebook – Nonostante il nostro divorzio eravamo rimasti amici e la volevo aiutare finanziariamente per lasciarlo.

Temeva che suo marito potesse ottenere la custodia del loro bambino dopo la separazione. Ella amava il suo piccolo più della vita stessa, quindi si è rifiutata di rischiare fino a quando non è le stato prospettato un piano d’uscita dalla storia. Le telefonate in cui appariva terrorizzata erano fin troppo frequenti negli ultimi anni. Mi diceva: “Ho bisogno del tuo aiuto”, “Ho molta paura”, “Ho paura al punto di non sentirmi di uscire dalla camera da letto per prendere una tazza di latte o cambiare il mio assorbente”, “Mi sveglio quasi alle 3 del mattino e mi trascino per la casa”, “Sta diventando davvero spaventoso e sono molto preoccupata per me e mio figlio”». Disperati appelli che adesso suonano come delle macabre premonizioni di morte. 

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