Faccia a terra, mani bloccate dietro la schiena, pistola puntata alla tempia. Sono gli ultimi momenti di vita di Patrick Lyoya, il 26enne afroamericano ucciso da un poliziotto bianco con un colpo alla testa dopo essere stato fermato per un banale controllo stradale. Una vera e propria «esecuzione» per la famiglia del giovane, l'ennesimo assassinio a sangue freddo da parte di un agente per le centinaia di persone che sono scese nelle strade di Grand Rapids, Michigan, al grido di "Black Lives Matter".
Afroamericano ucciso da agente di polizia: i video choc
Il nuovo episodio di violenza spropositata della polizia americana è stato documentato in quattro video shock che le autorità hanno deciso di pubblicare soltanto in questi giorni anche se i fatti risalgono al 4 aprile.
All'inizio si vedono i due uomini lottare per il taser del poliziotto. «Lascialo», grida l'agente. «Ti dico di lasciarlo», insiste. Patrick non lo molla, ha il fiato corto e sembra agitato. A quel punto le immagini si fanno confuse fino a quando non si vede il giovane faccia a terra, le mani bloccate. Il poliziotto, che lo sovrasta schiacciandogli la schiena, estrae la pistola dalla fondina e gli spara un colpo secco alla testa. Il rumore dello sparo è l'ultima cosa che si sente.
«È una tragedia, un susseguirsi di sofferenza e dolore per me», ha dichiarato in una conferenza stampa Eric Winstrom, capo della polizia della città di 200.000 abitanti, a un centinaio di chilometri da Detroit. «È stata un'esecuzione», ha accusato la famiglia di Patrick, che è emigrata dal Congo per fuggire dalla guerra nel 2014. Quando i parenti hanno visto i filmati sono rimasti «gelati», ha raccontato il pastore Israel Siku che li ha accompagnati dalla polizia. Il padre di Patrick «è quasi svenuto» di fronte a quelle immagini agghiaccianti. «L'agente sarà trattato come chiunque altro», ha assicurato Winstrom che non ha voluto rivelare il nome del poliziotto ma ha promesso «un'indagine approfondita».
Proteste al grido di Black Lives Matter
In centinaia si sono ritrovati a piazza Rosa Parks per protestare contro l'omicidio. «Diteci il nome del poliziotto assassino!», «Smettetela di ucciderci!», gridavano i manifestanti che hanno marciato davanti al quartiere generale della polizia sorreggendo tanti cartelli con su scritto: "Black Lives Matter". Le proteste si sono svolte in modo pacifico ma quando i manifestanti hanno visto gli agenti anti-sommossa fuori dall'edificio ci sono stati momenti di tensione. C'è il timore che la rabbia legittima della comunità afroamericana, il 18% della popolazione di Gran Rapids, possa trasformarsi in violenza come accaduto due anni fa dopo l'uccisione a Minneapolis di George Floyd, divenuto il simbolo della lotta per i diritti dei neri, troppo spesso vittime della violenza della polizia.
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