Anni di piombo, schiaffo alle vittime. La Francia nega l’estradizione di dieci ex terroristi italiani: «Negate le garanzie»

Devono tutti scontare condanne in Italia per fatti risalenti agli anni settanta e ottanta e sono rifugiati oltralpe da molti anni

Mercoledì 29 Giugno 2022 di Francesca Pierantozzi
Parigi nega l'estradizione di 10 ex terroristi in Italia: tra loro anche Pietrostefani. Meloni: «Draghi intervenga»

La decisione è arrivata in anticipo, quasi a sorpresa, prima delle due del pomeriggio, tanto che Irène Terrel, avvocata di sette dei dieci «italiani degli anni di piombo» in attesa di estradizione, era ancora sulla metro ieri, quando l’ha saputo: «La Chambre de l’Instruction ha emesso parere negativo, “avis défavorable”, ha respinto la richiesta di estradizione in Italia per tutti». Molti degli estradanti in attesa del giudizio della Corte d’Appello erano invece già lì, nell’aula 5, alla fine del corridoio al piano terra del Palazzo di Giustizia, dove nell’ultimo anno si sono svolte tutte le udienze. Possono restare tutti in Francia, dove abitano da venti, trenta, quarant’anni, nessuno dovrà tornare a scontare la sua pena in Italia: erano gli ultimi nomi della lista dei latitanti, quelli protetti dalla “dottrina Mitterrand”, che Emmanuel Macron un anno fa aveva voluto archiviare. Il fondatore di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani condannato per l’omicidio del commissario Calabresi, gli ex brigatisti Marina Petrella, Sergio Tornaghi, Maurizio di Marzio, l’ideologo dei Pac, Luigi Bergamin, e poi Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Narciso Manenti, Raffaele Ventura, molti condannati all’ergastolo: la sentenza che li lascia in Francia vale per tutti, la giustizia d’oltralpe non ha alla fine esaminato “caso per caso” ma espresso un verdetto che ha una valenza generale. «È stato applicato il principio superiore del diritto» dice Irène Terrel. La decisione della giudice è stata accolta da pianti, abbracci con i familiari, la presidente ha invitato ad «evitare» manifestazioni di emozione. Da Roma la reazione della ministra della Giustizia Marta Cartabia è stata sobria: «Rispetto le decisioni della magistratura francese, che agisce in piena indipendenza, aspetto di conoscere le motivazioni di una sentenza che nega indistintamente tutte le estradizioni.

Si tratta di una sentenza a lungo attesa dalle vittime dell’intero paese che riguarda una pagina drammatica e ancora dolorosa della nostra storia».

Il blocco politico

«Resta – ha detto la ministra – tutta l’importanza della decisione di un anno fa con cui il ministro Eric-Dupond-Moretti ha rimosso un pluridecennale blocco politico: un gesto, il suo, che è segno della piena comprensione dei drammi vissuti nel nostro paese durante gli anni di piombo e soprattutto della fiducia del governo francese nei confronti dei magistrati e delle istituzioni italiane». Non è stata una decisione politica questa volta a consentire loro di restare in Francia, ma una decisione giudiziaria. Le motivazioni saranno comunicate domani agli avvocati. Per ora la presidente della Chambre d’Instruction ha evocato i principi generali che hanno giustificato il no all’estradizione in Italia: «Il rispetto della vita privata e familiare e il diritto all’equo processo» garantiti dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea per i diritti umani. Sono contestate le normative che regolano il processo in contumacia in Italia. Resta un ultimo possibile ricorso in cassazione, da parte dell’avvocato generale dello Stato francese. È lui che ha portato davanti alla Corte d’Appello la richiesta dell’Italia. Terrel non ci crede, pensa che questa volta sia finita: «Non ci sarà nessun ricorso, non è mai successo se non quando c’è un chiaro errore di legge, ma non è questo il caso». Quando tutto era cominciato, un anno fa, Terrel aveva evocato «tempi lunghissimi», non meno di tre anni per arrivare a una qualsiasi decisione.

Il tribunale

In realtà il tribunale è andato molto più spedito. Non più di tre sono state le richieste di supplemento di informazione all’Italia, soprattutto traduzioni dei processi, e poi richieste di “garanzie”, come vuole la procedura, sul trattamento riservato alle persone oggetto di estradizione. Per la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, si tratta di una decisione «inaccettabile e vergognosa: ci eravamo illusi che la dottrina Mitterrand fosse finita, prendiamo atto che non è così. I familiari delle vittime meritano verità e giustizia». Un anno fa fu l’operazione chiamata “ombre rosse” che portò all’arresto degli ultimi dieci fuoriusciti degli anni di piombo. Con questi dieci nomi «l’affare è chiuso» aveva fatto sapere allora l’Eliseo. Ieri l’affare potrebbe essere stato chiuso sul serio. 

Ultimo aggiornamento: 30 Giugno, 11:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA