Oleksandr Hutsal, il piccolo eroe di Bucha che ha salvato da solo trenta persone

Ogni giorno usciva dal seminterrato e sfidava i russi per portare cibo e acqua ai genitori e ad altri bambini

Martedì 12 Aprile 2022 di Federica Zaniboni
Oleksandr Hutsal, il piccolo eroe di Bucha ha salvato da solo trenta persone

Uno sguardo profondo, sincero. Ma dietro a quegli occhi pieni di sogni, si celano tutti gli orrori che Oleksandr Hutsal, 14 anni, è stato costretto a guardare. Sopravvissuto al tremendo massacro di Bucha a pochi chilometri dalla capitale ucraina il ragazzino ha salvato la vita a più di trenta persone, avventurandosi ogni giorno fuori dal rifugio per procurare acqua e cibo per tutti. «Avevo paura», ha ammesso. Ma il coraggio e l'altruismo sono stati più forti di ogni timore.
LA PRIORITÀ
Per settimane la priorità del piccolo Oleksandr soprannominato Sasha è stata la famiglia.

Nascosto in un seminterrato con mamma, papà e i tre fratellini più piccoli non si è mai tirato indietro dal proteggerli e aiutarli. Nemmeno quando questo significava dover oltrepassare i chekpoint russi, inseguito dal rumore degli spari.

Donbass, la grande fuga alla stazione di Slovjansk: «Se restiamo siamo morti»

L'obiettivo, ogni giorno, era sempre lo stesso: tornare al rifugio con quanti più acqua, cibo e legna possibili. Sì, perché in quella cantina non vi era niente, la temperatura scendeva fino a -8 gradi e le provviste erano finite in fretta. Il ragazzino lo descrive come un luogo freddo, buio, senza alcuna comunicazione con l'esterno, dove il rischio di morire di fame, di sete o di freddo era concreto. Diversi posti di blocco ne circondavano l'ingresso e soltanto a pochi passi di distanza tre tombe rendevano impossibile non pensare a cosa sarebbe potuto accadere se fossero usciti. Sotto uno di quei tumuli, sapevano che vi era sepolto uno dei loro vicini di casa.


La famiglia di Sasha si è spostata nel rifugio non appena la cittadina è stata invasa dai russi, venendo subito raggiunta da altre 30 persone che sono rimaste nascoste insieme a loro per tutto il tempo. La possibilità di abbandonare la cantina è stata esclusa fin da subito, senza cambiare idea nemmeno quando sono rimasti senza elettricità né acqua potabile.
LE TESTIMONIANZE
Terrorizzati dai cadaveri all'ingresso, non avevano nemmeno altri posti in cui andare. Secondo alcune testimonianze, in un'occasione i soldati russi avrebbero tentato di entrare nel seminterrato, riuscendo a raggiungere uno dei corridoi dopo aver fatto saltare in aria la porta con una bomba a mano. Ma fortunatamente non sarebbero andati oltre. In quelle settimane il padre del ragazzino si occupava di lavorare al rifugio, cercando di rafforzarlo e renderlo più sicuro, mentre la madre doveva badare ai bambini più piccoli. La donna racconta della paura provata ogni volta che il ragazzino si esponeva al pericolo, momenti interminabili che inevitabilmente trascorreva in ascolto di ogni sparo.

Putin, lo zar liquida l’Occidente: «Ha un piano brutale». Ma a Mosca le sanzioni lasciano il segno


Fondamentale è stata poi la figura di una signora che Sasha ha iniziato a chiamare affettuosamente zia Ira, il cui pozzo era diventato l'unica fonte di acqua potabile della città. Ogni giorno il 14enne la raggiungeva e lei gli offriva tutto ciò che poteva, così come era solita fare con chiunque si trovasse in difficoltà. Chi era nascosto nella cantina col ragazzino considera un miracolo che tutti siano riusciti a sopravvivere: la paura più grande, naturalmente, era quella di essere uccisi. Raccontano che quando un attacco aereo ha distrutto una casa vicina, le finestre del seminterrato sono crollate, ma fortunatamente nessuno è rimasto ferito. Il rischio di morire di fame o di sete, invece, è stato scongiurato grazie al coraggio di Sasha.
Il 14enne non si sente a suo agio ad essere definito un eroe, come in molti sui social hanno iniziato a chiamarlo quando è stata diffusa la sua storia. Ogni gesto, per lui, è stato naturale e spontaneo, non avrebbe potuto fare altrimenti. Sasha sogna che la guerra finisca, che i suoi amici possano tornare a Bucha e, un domani, di poter vivere in una grande casa. Al momento la sua famiglia abita ancora nel seminterrato, dove rimarrà finché non saranno ripristinati i servizi pubblici nella cittadina alle porte di Kiev.


Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 19:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA