L'IK-3, nel villaggio di Kharp, si trova a 60 chilometri a nord del circolo polare artico. In inverno le notti sono lunghe e la temperatura dell'aria scende spesso sotto i 40 gradi. La colonia penale siberiana soprannominata Lupo Polare è a circa 2mila chilometri da Mosca. Qui Alexey Navalny ha trascorso gli ultimi giorni della sua vita, in una “prigione nella prigione”.
Le morti insabbiate
Il media indipendente russo Holod ha scoperto che un anno e mezzo fa i dipendenti dell'IK-3 hanno torturato a morte un prigioniero e hanno cercato di nascondere la morte facendola passare per suicidio. Holod ha riferito che Bakhrombek Sharifov, 43 anni, che stava scontando una pena di 25 anni per aver organizzato un gruppo che trasportava eroina dal Tagikistan alla Russia, è scomparso dalla colonia. E' morto soffocato dopo essere stato messo in una camicia di forza, arrotolato su un materasso e legato con del nastro adesivo.
Ma l'amministrazione penitenziaria aveva successivamente tentato di nascondere l'incidente, bruciando prove e riferendo che Sharifov si era impiccato. Quando l'autopsia stabilì che la sua morte non era stata un suicidio, cinque guardie carcerarie furono accusate di lesioni personali gravi, abuso di autorità e negligenza letale. Uno dei cinque è già stato condannato, anche se la sua sentenza non è stata resa pubblica. Altri quattro sono attualmente in attesa di processo, ha detto Holod.
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Sepolti senza lapide
Nello stesso rapporto, Holod ha dettagliato anche due casi in cui le famiglie dei prigionieri deceduti non erano state informate della morte del loro parente. In un caso, alla madre di un prigioniero deceduto è stato detto che aveva 24 ore per raggiungere la remota città di Kharp, nell'estremo nord della Russia, per recuperare il corpo di suo figlio. Poiché non è riuscita a raggiungere la colonia penale entro la scadenza, suo figlio sarebbe stato sepolto senza lapide.
Le torture
Molti testimoni, dei quali Holod non riporta i nomi pder sicurezza, raccontano di aver subito torture agghiaccianti. «Mi hanno infilato in una cassaforte di ferro con il triscaldatore acceso e dopo poco ti sembra di morire soffocato». «A volte - racconta un altro ex detenuto - ci sono meno 50 gradi nel circolo polare artico. Ti portano in strada alle cinque del mattino e ti riportano indietro a mezzogiorno».