Moise, polemiche e corruzione: chi era e perché era contestato

Mercoledì 7 Luglio 2021
Moise, polemiche e corruzione: chi era e perché era contestato

Jovenel Moise, ucciso questa notte nella sua abitazione ad Haiti, fu eletto per la prima volta col partito Tèt Kale (centrodestra) nel 2015.

Quelle elezioni, però, furono annullate per brogli. Riuscì comunque a vincere anche un anno dopo, dando il via ufficiale al suo governo nel febbraio del 2017 dopo le dimissioni del suo predecessore Michel Martelly. La sua presidenza è stato tutt'altro che privo di ostacoli: nel corso degli ultimi anni è stato accusato di aver represso i potenziali oppositori politici oltre che di voler restare a capo del governo anche oltre la data di scadenza del suo mandato. Nel 2019 ha dovuto affrontare accuse di corruzione (avrebbe gestito fondi in modo illecito fino a 2 miliardi di dollari insieme ad altri funzionari) e violente proteste anti-governative in cui morirono decine di persone. Moise aveva fortemente sostenuto il referendum costituzionale che si dovrebbe tenere a settembre e che è stato ampiamente contestato dall'opposizione e da molte organizzazioni della società civile. La Costituzione attualmente in vigore a Haiti è stata redatta nel 1987 dopo la caduta della dittatura di Duvalier e dichiara che «è formalmente vietata qualsiasi consultazione popolare volta a modificare la Costituzione mediante referendum».

Jovenel Moise, il presidente di Haiti ucciso in casa

L'assassinio si verifica quindi nel corso di un aggravamento della destabilizzazione politica ed economica e di un aumento delle violenze delle gang. Da tre anni il governo di Haiti, lo Stato più povero dell'Occidente, è Immerso in una crisi politica e sociale di cui non si vede la fine. Alle violenze dilaganti, scaturite anche dalla proteste di piazza contro il governo, si somma l'emergenza Covid: il governo aveva “dimenticato” di aderire al programma pilota che avrebbe consentito di velocizzare gli invii del vaccino previsti per i Paesi poveri. Il ministero della Salute si è giustificato sostenendo di voler agire con cautela per fugare ogni dubbio su AstraZeneca. Nel frattempo, il Center for human rights research and analysis, si legge nell’ultimo rapporto del dipartimento di Stato Usa, lo ha accusato di aver speso 34 milioni di dollari per il contrasto al virus «in assoluta opacità». Ma la sfida più grande è quella di convincere gli abitanti a recarsi nei centri vaccinali, perché ogni spostamento aumenta il rischio dei sequestri: se ne registra almeno uno al giorno, e quelli "lampo" sono molti di più .

«La violenza indiscriminata sui civili e il terrore di diventarne vittima è la principale pandemia haitiana. I bersagli non sono più i ricchi ma chiunque: spesso si accontentano di pochi dollari di riscatto», afferma Alberto Zerboni, coordinatore delle operazioni ad Haiti di Medici senza frontiere (Msf). Principali responsabili sono le 76 gang attive nel Paese. Mafie dei poveri, ma ben armate, da qui il sospetto di legami oscuri con la politica. Nate e cresciute nelle sterminate baraccopoli – dove si ammassano i tre quarti della popolazione che sopravvivono con meno di due dollari al giorno –, sono in perenne conflitto per il controllo del racket delle estorsioni. E, ora, anche dei sequestri. Effetto collaterale dello stallo politico.

La vittoria elettorale di Moïse nel 2016 era stata, fin dall'inizio, contestata dall’opposizione. Un mega scandalo di mazzette per oltre due miliardi di dollari – in cui sono rimasti coinvolti gli ultimi quattro presidenti, incluso l’attuale – ha alimentato la protesta. Nel 2019 violente dimostrazioni contro il governo hanno fermato il Paese. Le elezioni legislative sono saltate e, per oltre un anno, il presidente Moïse ha amministrato per decreto. L’opposizione lo accusava di voler instaurare un regime autoritario, con il referendum del 27 giugno per cambiare la Costituzione, e ne chiedeva le dimissioni. Ma il presidente godeva del sostegno degli Stati Uniti.

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