I sospetti più forti sul rapimento dei tre italiani in Mali cadono su una coalizione di gruppi ribelli salafiti-jihadisti Jnim, “Gruppo di difesa dell’Islam e dei musulmani” ritenuto legato ad al-Qaeda.
MOSCA
Se non bastasse, anche in quella parte di Africa si sta espandendo la Russia. Ieri il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha detto che Mosca è pronta «a contribuire ulteriormente alla normalizzazione della situazione in Mali», in particolare «nella sfera dell’aumento dell’efficienza di combattimento delle forze armate, l’addestramento delle truppe e le forze di sicurezza». La decisione della Francia e gli alleati occidentali di mettere fine all’operazione Barkhane e quella europea Takuba non ha contribuito a ripristinare la sicurezza in Mali, ha aggiunto Lavrov. «C’è un ovvio pericolo di enclavi di vuoto di potere dove gang armate fuorilegge avranno mano libera», ha proseguito il capo della diplomazia russa, aggiungendo di aver avvertito più volte Parigi di quanto ciò minacci «l’integrità territoriale» del paese africano.
Sa bene, però, la Russia che in quel territorio la fanno da padroni i mercenari del gruppo paramilitare Wagner, che vengono collegati sempre più spesso allo stesso presidente Putin. Nelle scorse settimane il quotidiano francese Libération ha accusato i miliziani russi di aver compiuto un’operazione violentissima nel Paese africano tra il 27 e il 31 marzo scorso nella località di Moura, nella regione centrale di Mopti, causando tra i 200 e i 400 morti civili. Wagner avrebbe colpito assieme alle forze del governo di Bamako contro i jihadisti locali ma l’operazione avrebbe causato forti contraccolpi sui civili. Di recente la loro presenza, su aperta richiesta della giunta militare al potere dopo il colpo di Stato dello scorso maggio, sarebbe diminuita, ma la ritirata francese ha lasciato loro un ampio spazio.